Il quadro demografico rilevato dall’Istat per il 2020 è contraddistinto da un nuovo minimo storico di nascite dall’unità d’Italia e da un numero di decessi mai registrato nel nostro Paese dal secondo dopoguerra

Nell’anno 2020 il totale dei decessi per il complesso delle cause è stato il più alto mai registrato nel nostro Paese dal secondo dopoguerra: 746.146 decessi, 100.526 decessi in più rispetto alla media 2015-2019 (15,6 per cento di eccesso).

L’impatto della pandemia

Il contributo alla mortalità dei decessi COVID-1917 da marzo a dicembre 2020 (per il complesso delle cause) è stato, a livello medio nazionale, del 10,2 per cento, con differenze fra le varie ripartizioni geografiche (14,5 per cento del Nord, al 6,8 per cento del Centro e al 5,2 per cento del Mezzogiorno) e fasce di età (4,6 per cento del totale nella classe 0-49 anni, 9,2 per cento in quella 50-64 anni, 12,4 per cento in quella 65-79 anni e 9,6 per cento in quella di ottanta anni o più).

La mortalità dell’intero paese, misurata attraverso i tassi di mortalità standardizzati per età, ha registrato nel 2020 un aumento del 9 per cento rispetto alla media del quinquennio 2015-2019; le regioni che subiscono aumenti significativamente più alti sono il Piemonte, la Valle d’Aosta, la Lombardia e la Provincia autonoma di Trento. Un caso in controtendenza è invece quello del Lazio unica Regione a segnare un tasso di mortalità standardizzato nel 2020 leggermente inferiore al quinquennio precedente.

Le aspettative di vita

Per effetto del forte aumento del rischio di mortalità, specie in alcune aree e per alcune fasce d’età, i valori della sopravvivenza mediamente attesa, alla luce di quanto osservato nel corso del 2020, appaiono in decisa contrazione. La speranza di vita alla nascita, senza distinzione di genere, scende a 82 anni, ben 1,2 anni sotto il livello del 2019. Per osservare un valore analogo occorre risalire al 2012.

Gli uomini sono più penalizzati: la loro speranza di vita alla nascita scende a 79,7 anni, ossia 1,4 anni in meno dell’anno precedente, mentre per le donne si attesta a 84,4 anni, un anno di sopravvivenza in meno. A 65 anni la speranza di vita scende a 19,9 anni nel complesso: 18,2 per gli uomini e 21,6 per le donne.

La variazione annuale è sostanzialmente uguale a quella riscontrata nella speranza di vita alla nascita ma ha un impatto relativo più importante.

Il livello di istruzione gioca un ruolo chiave nei differenziali di sopravvivenza sul territorio; nelle aree geografiche in cui l’incremento della mortalità è stato maggiore si è osservata una mortalità più elevata nelle persone meno istruite.

Le classi di età più colpite

Prendendo in considerazione le classi di età, il contributo più rilevante all’aumento dei decessi dell’anno 2020, rispetto alla media degli anni 2015-2019, è dovuto all’incremento dei morti ultraottantenni che spiega il 76,3 per cento dell’eccesso di mortalità complessivo; in totale sono decedute 486.255 persone oltre gli 80 anni (76.708 in più rispetto al quinquennio precedente).

L’incremento della mortalità nella classe di età 65-79 anni spiega un altro 20 per cento
dell’eccesso di decessi; in termini assoluti l’incremento per questa classe di età, rispetto al
dato medio degli anni 2015-2019, è di oltre 20 mila decessi (per un totale di 184.708 morti
nel 2020).

Trend 2021

La crescita dei casi di positivi al COVID-19 e dei decessi si protrae nei primi mesi del 2021.
L’andamento per il complesso delle cause nel periodo gennaio-aprile risente, da un lato, del
contesto epidemiologico, dall’altro, degli effetti delle misure di contenimento della diffusione dell’epidemia e della campagna vaccinale.

A gennaio e febbraio si assiste a una progressiva riduzione dell’eccesso di mortalità misurato rispetto alla media dei mesi corrispondenti del periodo 2015-2019, mentre i decessi del primo bimestre del 2021 sono comunque superiori a quelli dello stesso periodo del 2020, che come già ricordato è stato caratterizzato da livelli particolarmente bassi di mortalità totale.
A marzo si interrompe il calo dei decessi totali che era in atto dal picco della seconda ondata epidemica di novembre 2020, con un’inversione di tendenza rispetto al primo bimestre del 2021.

Le cause di morte e il ruolo del COVID-19

L’aumento della frequenza di morti nei mesi di marzo e aprile 2020, rispetto alla media degli stessi mesi del quinquennio 2015-2019, è stata di circa 49 mila unità, delle quali poco più di 29 mila dovute al COVID-19 e il resto per altre cause.

decessi

Quasi tutte le principali cause di morte presentano un aumento dei casi, contribuendo in varia misura all’incremento complessivamente osservato (Figura 2.11). Tra queste, le polmoniti e le malattie croniche sono le cause maggiormente responsabili dell’eccesso di mortalità nella prima ondata della pandemia. Polmoniti e influenza vi contribuiscono con un incremento di oltre 5 mila casi (pari al 10 per cento del totale dell’aumento).

Tra le malattie croniche i contributi più rilevanti si osservano per demenze e malattia di Alzheimer (+2.708 decessi), cardiopatie ipertensive (+2.477) e diabete (+1.557).

I risultati documentano come il COVID-19 abbia avuto un effetto non solo sulla mortalità provocata direttamente dal virus, ma anche sulle restanti cause di morte. L’aumento dei decessi per polmoniti e altre malattie respiratorie induce a ipotizzare una sottostima della mortalità dovuta al COVID-19 nella fase iniziale della pandemia, in cui era più difficile diagnosticare una patologia nuova.

Gli incrementi osservati per altre cause, quali ad esempio le cardiopatie ipertensive e il diabete, potrebbero invece essere dovuti a un ruolo indiretto del COVID-19: il virus
potrebbe talvolta aver determinato l’accelerazione di processi morbosi già in atto oppure, in
altri casi, aver dato luogo a difficoltà nei trattamenti, dovute al sovraccarico delle strutture
del Sistema Sanitario Nazionale e quindi, indirettamente, aver provocato un aumento della
mortalità per queste altre cause.

La diffusione del virus ha dunque impresso un cambiamento repentino nelle tendenze della
mortalità nel 2020 rispetto al quinquennio precedente. L’aumento dei decessi a marzo e aprile segue mesi iniziali dell’anno in cui la mortalità risultava inferiore rispetto agli anni precedenti, verosimilmente per effetto di fattori congiunturali più favorevoli, quali una stagione invernale mite e una epidemia influenzale poco severa. La brusca inversione di tendenza della mortalità nel 2020 è evidente dall’entità delle variazioni dei decessi per causa rispetto alla media 2015-19 nei due bimestri. Tutte le cause per le quali si osservano forti incrementi in marzo-aprile presentavano nel bimestre precedente un numero di decessi in calo o stabile rispetto a quanto osservato nel quinquennio di riferimento.

Complessivamente, il 53 per cento dell’eccesso di mortalità, rispetto allo stesso periodo
del 2015-19, ha coinvolto gli uomini e nel 71 per cento dei casi gli ultra-ottantenni. Nelle donne l’82,9 per cento dei morti in eccesso si riscontra oltre gli 80 anni mentre tale incidenza scende al 60,5 per cento negli uomini, tra i quali vi è una rilevante quota di eccesso anche fra i 65 e i 79 anni.

Nei due mesi dell’inizio della pandemia il COVID-19 è la seconda causa di morte dopo i tumori fino a 79 anni, sia negli uomini che nelle donne. Tra gli ultra-ottantenni, invece, essa rappresenta la prima causa di decesso, con 8.482 casi tra i maschi e 8.737 tra le femmine. I tumori restano sostanzialmente stabili in tutte le fasce di età, con lievi diminuzioni prima degli 80 anni e altrettanto lievi incrementi oltre questa età, per entrambi i generi.

decessi cause

Le polmoniti e l’influenza sono le cause che in tutte le età fanno registrare gli aumenti più marcati rispetto al quinquennio precedente, con variazioni maggiori per gli uomini che per le donne; anche le restanti malattie del sistema respiratorio causano un eccesso di mortalità per tutte le categorie.

Oltre gli 80 anni si osservano incrementi significativi per il diabete, le malattie mal definite e le demenze (inclusa la malattia di Alzheimer), seguite dalle cardiopatie ipertensive.

Mortalità per cause esterne

La riduzione della mortalità per cause esterne (che nell’insieme passa da 4.025 casi di marzo-aprile 2015-19 a 3.864 casi nello stesso periodo del 2020) riguarda quasi esclusivamente le classi di età al di sotto dei 65 anni, in particolare gli uomini (-35 per cento), ed è quasi interamente dovuta alla diminuzione dei decessi per incidenti di trasporto nel periodo di lockdown.
Oltre gli 80 anni invece si registra un aumento dei decessi per cause esterne (+15 per cento per gli uomini e +10 per cento per le donne) dovuto soprattutto alle cadute accidentali.

I luoghi di decesso

Negli istituti di cura si osserva l’aumento maggiore in termini assoluti, come atteso in concomitanza di una crisi di questo tipo; tra gli uomini, la mortalità direttamente attribuibile al COVID-19 spiega l’intero incremento mentre per le donne, se si escludono i decessi per COVID-19, si osserva un numero inferiore rispetto alla media 2015-2019.

Nelle strutture residenziali e socio-assistenziali si ha l’aumento in proporzione più elevato (del 153 per cento), leggermente più marcato tra gli uomini, e solo una quota dell’incremento è direttamente collegata al COVID-19.

Crescite consistenti della mortalità si riscontrano anche nelle abitazioni, 32 per cento tra gli uomini e 24 per cento tra le donne, solo marginalmente spiegati dal COVID-19. Negli hospice la mortalità è rimasta quasi costante ma l’aumento del 3 per cento è tutto attribuibile al COVID-19