di Fabrizio Vedana
Ampliato il catalogo dei reati 231. Il Consiglio dei Ministri del 6 luglio scorso ha approvato in via definitiva il decreto legislativo di attuazione della Direttiva 2017/1371/UE «relativa alla lotta contro la frode che lede gli interessi finanziari dell’Unione mediante il diritto penale» (cosiddetta «Direttiva Pif»).
Il provvedimento, oltre a modificare la disciplina degli illeciti tributari e di alcuni delitti contro la Pubblica Amministrazione, interviene direttamente sul testo del Dlgs. 231/2001, introducendo nuovi reati presupposto.
In attesa del testo definitivo, il comunicato stampa del Consiglio dei Ministri ha anticipato l’estensione della responsabilità degli enti in caso di dichiarazione infedele, omessa dichiarazione, indebita compensazione, frode nelle pubbliche forniture, frode in agricoltura, contrabbando, peculato e abuso d’ufficio.

La direttiva Pif sostituisce precedenti convenzioni di disciplina della materia e prosegue sulla scia di altri interventi di armonizzazione del diritto penale degli Stati membri completando, per i tipi di condotte fraudolente più gravi nel settore finanziario, la tutela degli interessi finanziari dell’Unione ai sensi del diritto amministrativo e del diritto civile.

Il decreto modifica quindi la disciplina dei reati tributari sulla responsabilità amministrativa delle società per i reati commessi dalle persone fisiche nel loro interesse o vantaggio.

Il decreto prevede di punire anche le ipotesi di delitto tentato (e non solo consumato) per i reati fiscali che presentano l’elemento della transnazionalità, se l’imposta Iva evasa non sia inferiore a 10 milioni di euro.

Viene ampliato il catalogo dei reati tributari per i quali è considerata responsabile anche la società (ai sensi del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231) includendovi ora i delitti di dichiarazione infedele, di omessa dichiarazione e di indebita compensazione.

Si estende la responsabilità delle società anche ai delitti di frode nelle pubbliche forniture, al reato di frode in agricoltura (art. 2 della legge n. 898 del 1986) e al reato di contrabbando, modulando la sanzione a seconda che il reato ecceda o meno la soglia di 100 mila euro. Viene inoltre ampliato il panorama dei delitti contro la pubblica amministrazione di cui possono rispondere le società, includendovi il delitto di peculato e quello di abuso d’ufficio.

Per quanto riguarda gli altri settori del diritto penale il Governo interviene su alcune fattispecie di corruzione, includendovi anche i casi in cui siano sottratti denaro o utilità al bilancio dell’Unione o ad altri suoi organismi, con danno superiore a 100 mila euro con la pena massima aumentata fino a 4 anni di reclusione e si estende la punibilità a titolo di corruzione dei pubblici ufficiali e degli incaricati di pubblico servizio di Stati non appartenenti all’Unione europea, quando i fatti ledono o pongono in pericolo gli interessi finanziari dell’Unione.

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