Neppure il futuro previdenziale sarà immune dai riverberi della crisi epidemiologica. Lo sottolinea l’Ania (nel report «La previdenza complementare e il valore della garanzia») che torna a ribadire la sempre maggiore importanza che fondi pensione e polizze pensionistiche (pip) possono fornire al mantenimento del tenore di vita. Suggerimenti che rappresentano utili stimoli per il confronto che già si è aperto sulla riforma del welfare. Come sottolinea anche l’Ivass, la pensione complementare non è un elemento aggiuntivo ma un fattore fondamentale e imprescindibile del benessere previdenziale. Nel proprio paper l’Associazione delle compagnie assicurative presieduta da Maria Bianca Farina riporta le evidenze che emergono da una analisi di Insurance Europe condotta a febbraio scorso sulle preferenze dei cittadini europei in materia previdenziale. In primo luogo emerge che già nel periodo precedente all’esplosione della pandemia non si risparmiava abbastanza per la previdenza. Ben il 43% (il 53% in Italia) dei cittadini del continente non accantonano risorse per la vecchiaia, in buona parte per mancanza di disponibilità. Va allora contemperata la necessità di risparmiare per la pensione con le difficoltà economiche all’indomani del Covid-19. Si profila poi una marcata preferenza del canale digitale per essere informati e aderire ai programmi di previdenza. È ancora più significativo, dunque, che ancor prima dell’emergenza Covid-19 gli interpellati al sondaggio si esprimessero senza incertezze a favore dell’uso di Internet. In questa direzione sono andati i due terzi delle risposte ai questionari e in Italia la percentuale è addirittura al 74,5%. Se è vero che alcuni dei comportamenti, nati con la pandemia, sottolinea l’Ania, sono destinati a sopravviverle, la chiara preferenza verso il digitale nell’informazione e la vendita di piani previdenziali sembrerebbe destinata a rimanere un tratto distintivo, favorendo una maggiore concorrenza tra operatori, standard più elevati di trasparenza e accessibilità dei prodotti e una migliore gestione dei piani di risparmio da parte di consumatori e intermediari. In Italia servono infatti strumenti per ridurre il gap previdenziale di quello che sarà nel 2050 il Paese più vecchio d’Europa cercando di avvicinare il risparmio alle forme di previdenza, ancora poco diffuse.

Per accrescere la propensione dei cittadini e vincere l’inerzia delle scelte, secondo l’Ania, il primo fattore è la consapevolezza dei bisogni. In questo modo si potrebbe favorire l’adesione a previdenza complementare da parte di quel bacino di circa 5 milioni di lavoratori affetti da quello che l’Ivass ha definito come «qualunquismo previdenziale» con un possibile aumento del tasso di adesione ai fondi che oggi è inferiore al 40%. Particolarmente utili in questa prospettiva sono esperienze di Paesi esteri in cui la previdenza complementare è più sviluppata come Belgio, Olanda, Danimarca e Svezia, in cui sono stati introdotti specifici «portali delle pensioni», nati da partnership pubblico-private, dove il cittadino può trovare le sue posizioni (di base e complementari) e simulare la pensione futura. Ulteriore stimolo per avvicinare il risparmio alla previdenza è la rimodulazione degli incentivi fiscali azzerando o riducendo la tassazione sui rendimenti dei fondi pensione. In questo modo si allineerebbe la tassazione dei fondi pensione a quella di molti Paesi europei, che la prevedono solo al momento della prestazione e si creerebbe un incentivo ad aderire prima, quindi a favore dei giovani, perché i rendimenti sono una parte importante del montante nelle adesioni «precoci». Occorre poi promuovere il «passaggio generazionale» del risparmio incentivando i versamenti per figli e nipoti permettendo così a chi ha condizioni più stabili di finanziare la pensione di chi ancora non può farlo in autonomia. Infine, sottolinea l’Ania, va colta come opportunità la decisa apertura dei cittadini all’innovazione digitale. (riproduzione riservata)

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