di Luca Gualtieri
Alla vigilia della cruciale riunione del cda di Ubi Banca di oggi, il fronte del no all’interno del gruppo lombardo appare sempre più frastagliato e qualcuno ha iniziato a fare aperture sull’ops lanciata da Intesa Sanpaolo. «Siamo disponibili a valutare e studiare i termini dell’offerta lanciata da Intesa su Ubi, di cui siamo soci», ha dichiarato ieri il presidente della Fondazione Monte di Lombardia Aldo Poli, lasciando intendere che un ritocco al prezzo (pure finora escluso da Intesa) potrebbe rivelarsi decisivo. Socio storico al 5% di Ubi oltre che pattista di peso nel Comitato Azionisti di Riferimento (Car), Monte di Lombardia è stata finora schierata sul fronte del no, ma non è scontato che la posizione venga mantenuta. Con cautela si sta muovendo anche la Fondazione Cr Cuneo dove il presidente Giandomenico Genta (che ieri ha riunito il board) preferisce non sbilanciarsi e attendere i risultati del lavoro di analisi affidato all’advisor SocGen. Alla prudenza appare orientato il sindacato bresciano mentre il Car, indicavano ieri fonti vicine al comitato, intende fare «ulteriori valutazioni» sull’ops a valle dell’esame del cda di oggi nonché in presenza di «eventuali sviluppi». Oggi per l’appunto la palla passerà al board del gruppo guidato da Victor Massiah che, oltre ad aggiornare il piano industriale, si esprimerà sul prospetto appena pubblicato attraverso il cosiddetto comunicato dell’emittente. Una bocciatura è assai probabile, ma sarà interessante vedere come gli amministratori (assistiti da Credit Suisse e Goldman Sachs e dagli studi legali Bonelli Erede e Linklaters) la argomenteranno e che progetto alternativo presenteranno al mercato. Di certo la risposta si prennuncia molto nutrita, considerando anche le fairness opinion degli advisor e il parere degli indipendenti. Quanto alla proposta di Intesa, i numeri sono da tempo sul tavolo: con l’operazione Ca’ de Sass punta a dar vita a un gruppo che nel 2022 faccia 5 miliardi di utile, remuneri i soci con dividendi in contanti pari al 75% dell’utile quest’anno e al 70% il prossimo e giochi un ruolo da protagonista in Europa, anche in vista di un consolidamento transfrontaliero. La Ca’ de Sass si aspetta di riuscire ad arrivare alla fusione di Ubi anche con il 50% più un’azione, in un deal che avrà costi di integrazione stimati in 1,3 miliardi e sinergie pari a 662 milioni per il 2023 e a 700 milioni per il 2024. Ieri intanto un report di Exane Bnp Paribas consigliava agli azionisti di Ubi banca di aderire all’ops: «Prevediamo – scrivevano gli analisti – che la stragrande maggioranza degli investitori darà in adesione le sue azioni Ubi e, nonostante la disapprovazione pubblica sui termini dell’offerta, pensiamo che anche alcuni membri dei tre patti di sindacato che possiedono collettivamente il 28% circa della banca potrebbero seguire l’esempio». In particolare, «coloro che non aderiscono ora in attesa di un futuro migliore concambio stanno seguendo una strategia rischiosa». Infatti, argomentano, nel caso in cui l’offerta superasse il 66,67%, Intesa potrebbe offrire un concambio peggiore dell’1,7 attuale, mentre non è garantito che ne metta sul tavolo uno migliore per la successiva fusione nel caso in cui raggiunga una percentuale compresa tra il 50% e il 66,67%. (riproduzione riservata)

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