di Anna Messia
Prende ufficialmente il via il dibattito per la creazione di uno scudo assicurativo contro le pandemie. L’Eiopa, l’autorità europea che raccoglie le Ivass nazionali, nei giorni scorsi ha posto in pubblica consultazione un documento che punta a individuare possibili soluzioni di sistema per affrontare nuovi fenomeni globali, coinvolgendo assicuratori e riassicuratori oltre che i singoli Stati e la Commissione Europea. Un argomento su cui le compagnie hanno già avviato riflessioni, a partire da Insurance Europe (l’Ania europea) ma anche Generali con il group ceo, Philippe Donnet, che nelle scorse settimane ha avuto un incontro sul tema con il vice presidente della Commissione Europea, Valdis Dombrovskis. La stessa Ania, l’associazione delle assicurazioni che operano in Italia guidata da Maria Bianca Farina, ha aperto il suo cantiere con l’obiettivo di mettere a punto una proposta subito dopo l’estate e in questo senso il documento presentato dall’Eiopa potrebbe fornire l’occasione per riunire in un’unica direzione tutte le voci in campo.

La pubblica consultazione del documento diffuso dall’authority si chiuderà il prossimo 25 settembre e da Eiopa hanno fatto sapere che la proposta è stata messa a punto confrontandosi con operatori del settore, come Insurance Europe, Amicie (le mutue europee) e Marsh & McLennan, ma non necessariamente coincide con la visione delle autorità nazionali. L’Ivass italiana è stata però in prime linea nella scrittura del paper che ha tracciato quattro direttrici. La prima constatazione è che, da sole, le società di assicurazioni non hanno la forza sufficiente per affrontare nuove eventuali pandemie: in alcuni mercati servirebbe versare premi per 100 anni per coprire i costi di due mesi di interruzione di attività provocato dal Covid, hanno calcolato da Eiopa. L’unica soluzione possibile può quindi arrivare dal coinvolgimento congiunto del settore privato e di quello pubblico tenendo a mente alcuni principi chiave: sia i privati sia il settore pubblico deve «mettere il gioco la pelle» suggeriscono da Eiopa condividendo costi e responsabilità, con una puntuale definizione del rischio (tecnicamente risk assessement), e c’è bisogno di un forte coordinamento tra le due parti. Non solo. Qualunque possibile soluzione dovrà essere condizionata dalla messa a punto di misure di prevenzione e in ogni caso bisogna essere consapevoli che lo scudo, in ogni caso, potrà arrivare a coprire solo una parte dei costi economici provocati da una nuova eventuale pandemia.

La questione non è semplice e la struttura su cui il mercato starebbe ragionando è di quattro soggetti chiamati all’intervento: le prime sarebbero compagnie assicurative e subito dopo i riassicuratori, poi governi nazionali e infine, come quarto step, la rete europea. Uno scenario tracciato nell’intervista rilasciata a MF-Milano Finanza lo scorso 25 luglio dal general manager di Generali, Frederic de Courtois, che guida un gruppo di lavoro per provare a imbastire una soluzione a livello europeo. Una modo per evitare la necessità di altri Recovery fund e farsi trovare pronti davanti a nuove eventuali emergenze. A prescindere dai quattro punti fermi indicati da Eiopa, la discussione su come alzare in concreto lo scuso resta comunque aperta: si va dall’ipotesi dl lancio di un pandemic bond (sponsorizzata dalla Germania), alla creazione di un vero e proprio fondo nel quale far confluire parte dei premi che diventerebbero obbligatori (Francia). C’è poi chi vorrebbe limitare l’intervento alla business interruption e chi pensa anche alle famiglie e in ogni caso anche i quattro cardini indicati da Eiopa non sono facili da rispettare. A partire dalla definizione puntuale del rischio visto che mancano dati storici e quelli arrivati dagli effetti del Covid-19 sono ancora frammentati tra vari enti pubblici e privati. (riproduzione riservata)

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