di Luca Gualtieri
Mentre una fetta sempre maggiore dei soci di Ubi sta aderendo all’offerta pubblica di scambio promossa da Intesa Sanpaolo, il consiglio di amministrazione del gruppo lombardo resta critico sulla proposta della Ca’ de Sass pur riconoscendo il miglioramento delle condizioni economiche previsto dall’ultimo rilancio. «Il cda di Ubi ritiene che, nonostante il riconoscimento della componente in denaro, l’offerta non riconosca appieno il valore complessivo» della banca, si legge nell’aggiornamento del comunicato dell’emittente. Più nel dettaglio, secondo il gruppo guidato da Victor Massiah, «l’offerta continua a porre a carico degli azionisti di Ubi gran parte dei rischi connessi al raggiungimento degli obiettivi strategici dell’operazione definiti da Intesa. Il corrispettivo incrementato, seppur aumentato attraverso la componente in denaro, non remunera adeguatamente tali rischi, persistendo, inoltre, una allocazione del valore e delle sinergie sfavorevole agli azionisti di Ubi attesa l’invarianza della componente in azioni Intesa».

Ieri intanto le adesioni all’ops sono salite al 26,4%, confermando il trend di rapida crescita registrato nelle ultime sedute. Secondo osservatori di mercato, gli apporti arrivati sinora sarebbero almeno tre volte di più rispetto alla media delle operazioni confrontabili (Luxottica, Yoox, EI Towers, Rcs, Impregilo Benetton). Un ritmo che da qualche broker è stato definito una «valanga». Alla luce di queste adesioni, degli annunci fatti dai grandi azionisti e della risposta positiva di molti investitori istituzionali, la soglia del 66,6% sembra insomma alla portata dell’istituto guidato da Carlo Messina. Con in mano quella maggioranza Intesa potrà procedere all’integrazione di Ubi sprigionando così tutte le sinergie previste dal piano industriale, fermo restando che, come ricordato in diverse occasioni da Messina, anche la maggioranza semplice consentirebbe di raggiungere molti target previsti dalla strategia. Per conoscere i numeri finali comunque bisognerà attendere la chiusura dell’offerta prevista per martedì prossimo 28 luglio. Per ora tra i grandi soci è arrivato il sì delle Fondazioni Cr Cuneo (5,9%) e Banca del Monte di Lombardia (3,9%), di Cattolica (1%) e del patto dei soci bresciani (8%) mentre quello degli azionisti bergamaschi ha ritirato il proprio no lasciando libertà di adesione agli aderenti.

La partita è seguita con grande attenzione anche dal mondo del retail (che rappresenta circa un quarto del capitale sociale di Ubi) e dalle associazioni dei consumatori. Proprio alcune di queste realtà hanno sollevato dubbi sulla correttezza delle informazioni fornite allo sportello ai piccoli risparmiatori che chiedevano indicazioni sul da farsi. Il Codacons ha presentato esposti alla Consob e alle Procure di Bergamo e Milano chiedendo di verificare la «correttezza dell’operato delle filiali di Ubi» mentre il Movimento Difesa del Cittadino ha parlato di «guerra senza esclusione di colpi» in cui a pagare è «come sempre, la trasparenza e la corretta informazione dei piccoli azionisti». (riproduzione riservata)

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