di Anna Messia
Dopo l’accordo sul Recovery Fund c’è un altro dossier aperto a Bruxelles che interessa molto l’Italia e che attende il verdetto della Commissione europea. Si tratta del correttivo pubblico per evitare che le compagnie del credito, in un contesto di crisi economica generalizzata innescata dal Covid-19 e con le insolvenze destinate a lievitare, smettano di assicurare i pagamenti delle imprese, specie le più fragili, con un effetto a catena sulla fiducia e la stabilità del sistema finanziario.

Il decreto Rilancio, come noto, ha aperto un paracadute con una manovra complessiva di 2 miliardi di euro che coinvolge in prima linea Sace spa, la società del gruppo Cassa Depositi e Prestiti, chiamata a intervenire per conto dello Stato. Ma per partire lo scudo ha bisogno di uno schema di convenzione e del successivo decreto del ministero dell’Economia. Schema che, secondo quanto risulta a MF-Milano Finanza, è stato messo a punto nei giorni scorsi da via XX Settembre ed è stato trasmesso alla Commissione europea, che ha già avuto una prima riunione sull’argomento ma non ancora emesso il giudizio finale. In ballo, come detto, ci sono gli scambi commerciali tra aziende. Un sostegno fondamentale per la ripresa, come sttolineato nelle scorse settimane dal presidente di Ania, Maria Bianca Farina, ancora di più alla luce del fatto che altri Paesi europei si sono mossi per evitare il blocco del settore, con il rischio di penalizzare ancor di più le imprese della Penisola che operano in mercato esteri e si trovano a competere con concorrenti francesi o tedeschi che hanno alle spalle l’intervento pubblico. Per fare un esempio, durante la crisi del 2008 le assicurazioni del credito che operano in Italia pagarono sinistri per circa 1 miliardo e la nuova crisi creata dal coronavirus rischia di essere decisamente più profonda, bloccando il mercato dell’assicurazione del credito a breve termine che oggi fornisce copertura a circa 1.000.000 tra aziende assicurate italiane e le aziende loro debitrici, con 1,8 milioni di linee di credito assicurative, per un importo complessivo di circa 250 miliardi di transazioni commerciali, di cui i due terzi su controparti italiane e un terzo su clienti esteri.

Nella crisi del 2008 l’Italia, a differenza di altri Paesi, non aprì nessun paracadute sulle assicurazioni e sulle imprese, mentre ora è stata pronta all’azione come hanno fatto del resto ancora una volta stati come la Francia o la Germania. La prima, con un plafond di 12 miliardi, ha lanciato uno schema in cui lo Stato interviene direttamente per integrare le coperture degli assicuratori privati sulle imprese finanziariamente più deboli. In Germania l’intervento del governo federale è ancora più incisivo, con un programma straordinario fino a fine anno, che prevede che lo Stato incassi direttamente il 65% dei premi dell’assicurazione dei crediti e compartecipi alla perdita fino a 30 miliardi rispetto ai circa 400 miliardi di esposizioni complessive.

In Italia, la soluzione individuata dal ministero dell’Economia passa per un intervento dello Stato pari al 90% degli eventuali sinistri mentre il 10% resta a carico delle imprese assicurative. Secondo quanto risulta a MF-Milano Finanza queste ultime, per la gestione del sinistro, dovrebbero incassare una commissione pari al 35% del premio con il provvedimento che sarebbe retroattivo, coprendo così le polizze stipulate dallo scorso aprile, quando era partito il lockdown, fino a fine anno. Ora la parola passa alla Commissione, che ha di recente dato disco verde allo schema francese, simile a quello italiano, ma ha inaspettatamente frenato quello del Regno Unito. (riproduzione riservata)

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