di Luigi Chiarello
Circa metà delle imprese italiane (47%) ha chiesto prestiti mediante l’accesso a uno degli strumenti messi a disposizione dai decreti legge «Cura Italia» (n. 18/2020, convertito con modificazioni nella legge 27/2020) e «Liquidità» (n. 23/2020, convertito con modificazioni nella legge 40/2020); di queste circa il 70% delle domande ha trovato accoglimento, in forma totale o parziale. Ma la maggior parte delle imprese ritiene che ci vorrà almeno un anno per tornare ai livelli di fatturato raggiunti precedentemente all’insorgere della pandemia. E solo il 3% crede di non poter più tornare alla quota di ricavi pre-covid. E’ quanto emerge da una indagine condotta dalla Banca d’Italia tra il 25 maggio e il 17 giugno 2020 presso le imprese italiane con almeno 50 addetti, nell’ambito dell’indagine su inflazione e crescita. Sempre secondo il report di via Nazionale, nel secondo trimestre dell’anno sono peggiorati i giudizi sulla situazione economica generale rispetto alla precedente indagine condotta in marzo, mentre le condizioni di accesso al credito sono peggiorate solo lievemente (il saldo si è ridotto di 3 punti percentuali, da -5). Sul fronte occupazionale, migliorano i giudizi nell’edilizia, mentre restano valutazioni critiche nel comparto industriale in senso stretto. Ma andiamo con ordine.

Nel secondo trimestre 2020 le imprese riportano una ampia flessione della domanda corrente. La maggioranza indica che il proprio fatturato ha subito una riduzione a causa della pandemia.

Al contrario, le attese a breve termine sulle vendite sono meno pessimistiche, così come quelle sulle condizioni operative dell’azienda. Gli imprenditori valutano le condizioni per investire in peggioramento; i loro piani di spesa prefigurano una riduzione degli investimenti nel complesso dell’anno, riconducibile soprattutto alla caduta registrata nel primo semestre.

Le attese sull’occupazione, come detto, sono ancora sfavorevoli nel comparto industriale e nei servizi, mentre sono tornate positive nell’edilizia. Le attese sull’inflazione al consumo sono lievemente diminuite su tutti gli orizzonti temporali. I prezzi di vendita praticati dalle imprese hanno ulteriormente rallentato rispetto al trimestre precedente e le attese per i prossimi 12 mesi ne prefigurano incrementi molto modesti.

Sul versante dell’inflazione al consumo le attese sono lievemente diminuite su tutti gli orizzonti temporali. I prezzi di vendita praticati dalle imprese hanno ulteriormente rallentato rispetto al trimestre precedente e le attese per i prossimi 12 mesi prefigurano incrementi molto modesti.

Sullo sfondo, la fragilità del sistema produttivo: «La condizione delle pmi è stata aggravata negli ultimi 6 mesi dalla decimazione dei fatturati, dalla giungla degli adempimenti fiscali e dalle misure di sostegno varate dal governo, rivelatesi del tutto inefficaci ai fini di una ripresa delle attività, anche a causa della complessità delle procedure e dei ritardi operativi dei soggetti chiamati alla gestione delle stesse, come Inps e sistema bancario. E questo sta mettendo in pericolo l’intero sistema economico italiano»: a lanciare l’allarme è Raffaele Lauro, segretario generale di Unimpresa, che ha aggiunto: «In autunno, si rischia una mortalità d’impresa del 40%, come paventato contemporaneamente da Ocse, Bankitalia e Commissione europea». E ancora: «In questa delicata situazione, per sopravvivere in modo trasparente le pmi devono difendersi da avvoltoi esterni, criminalità organizzata e predatori stranieri. Le mafie sono sempre in agguato e sollecite a “soccorrere” le pmi in difficoltà con le loro illimitate risorse in nero derivanti da attività illecite».

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