Nuovo Brief di Coface sulle relazioni USA-Iran, dopo l’annuncio iraniano di aver superato il limite di arricchimento dell’uranio previsto dall’accordo siglato nel 2015

Lo scorso 7 luglio l’Iran (valutazione Rischio Paese: E) ha annunciato di aver superato il limite di arricchimento dell’uranio previsto dall’accordo siglato nel 2015 con USA, Cina, Russia, Francia, Germania e Regno Unito, che prevedeva l’annullamento delle sanzioni imposte all’Iran in ambito petrolifero, industriale e bancario. A maggio 2018 Stati Uniti avevano comunicato la volontà di ritirarsi, e a novembre hanno reintrodotto le sanzioni.

Il superamento della soglia si inserisce in un contesto di tensioni crescenti. Gli USA hanno aumentato la pressione con provvedimenti volti a colpire l’export di petrolio e materie prime di Teheran, mentre si sono moltiplicati gli episodi di attacchi a petroliere nello Stretto di Hormuz e nel Golfo di Oman (a cui l’Iran si è dichiarato estraneo). Il più recente episodio, l’abbattimento di un drone americano da parte delle forze iraniane, avrebbe portato ad un passo da una rappresaglia militare (poi annullata) ad opera degli americani. La decisione di procedere all’arricchimento dell’uranio è un passaggio critico, in quanto potrebbe compromettere o complicare i rapporti con gli altri soggetti interessati dall’accordo (UE, Cina, Russia), e portare gli USA a considerare una reazione militare, anche se circoscritta a obiettivi infrastrutturali selezionati.

L’eventualità di un conflitto o uno scontro armato diretto è stata finora evitata da entrambi i contendenti, ma i rischi restano elevati, e le conseguenze per i prezzi petroliferi facilmente immaginabili.

La situazione resta incerta nei suoi sviluppi: da un lato l’Iran potrebbe non essere in grado di chiudere lo Stretto di Hormuz e influire come desiderato sui rifornimenti di greggio che transitano su quella rotta; dall’altro, non è detto che gli USA riescano ad azzerare l’export di greggio dell’Iran, in quanto vi sono vari modi per aggirare le sanzioni. In ogni caso, l’economia iraniana ne risentirà in termini di capacità di spesa pubblica, deprezzamento del cambio, aumento dell’inflazione e della disoccupazione, carenza di liquidità e allungamento dei tempi di pagamento.

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