OSSERVATORIO PERMANENTE SUGLI INVESTIMENTI ASSICURATIVI

Fideuram Vita Garanzia e Valore 2 affida le prestazioni assicurative alla gestione separata FV Vivadue. Con rendimenti fiacchi. Fideuram Vita Garanzia e Valore 2 è un contratto di assicurazione a premio unico e a vita intera, con i vantaggi della garanzia del capitale investito in caso di evento liquidativo (decesso dell’assicurato, riscatto anticipato, conversione in rendita). Il premio, al netto dei costi di ingresso, viene investito nella gestione separata Fondo FV Vivadue, caratterizzata principalmente da investimenti in titoli di stato (italiani e area euro) e obbligazioni. Fideuram Vita Garanzia e Valore 2 permette di lasciare un capitale a uno o più beneficiari scelti dal contraente, anche al di fuori dell’asse ereditario. Il prodotto è destinato ai clienti che hanno un livello di conoscenza ed esperienza finanziaria minima e un orizzonte temporale di investimento di medio periodo, in cerca di una soluzione di investimento stabile anche se poco performante
Gli assicuratori si spostano verso la finanza e smettono di proteggere i propri assicurati. O almeno li proteggono sempre meno. Il fenomeno riguarda le polizze Vita ed è evidente se si osserva la tipologia di raccolta nell’ultimo decennio: nel 2009 le gestioni separate, prodotti più propriamente assicurativi, rappresentavano poco meno dell’89% del totale, con le unit linked, polizze più finanziarie, che pesavano solo per 11%. A fine 2018 la fetta di questi ultimi prodotti è lievitata e ha superato il 46%. Un trend che è andato a scapito della sicurezza dei clienti visto che le unit linked, nonostante il cappello assicurativo, sono molto più simili ad un fondo comune d’investimento che ad una polizza, e il rischio di eventuali perdite viene trasferito al sottoscrittore.
La proposta che fa discutere Pasquale Tridico ha deciso di lanciarla alla fine della sua prima relazione annuale da presidente dell’Inps. L’Ente previdenziale gioca la carta pigliatutto e nelle intenzioni del successore di Tito Boeri si vuole lanciare sull’integrativo, mettendosi quindi in alternativa e in concorrenza ai fondi privati. Al momento si tratta di poco più di un’idea, appena abbozzata: un fondo pubblico, molto simile a quelli privati che canalizzi i propri strumenti di investimento nel Paese. La descrizione è quella fornita dallo stesso Tridico. I dettagli non sono stati chiariti, se si esclude che l’adesione sarà su base volontaria e che il futuro fondo a gestione pubblica si propone come alternativa alle attuali tipologie di fondi pensione e schemi complementari. Abbastanza però per suscitare prime reazioni negative contro una proposta motivata dal professore di Roma Tre con la stranezza dell’assenza da tale comparto del maggior ente di previdenziale europeo e con la volontà di favorire l’adesione dei lavoratori, oggi attorno al 30%, per poi convogliare risorse nell’economia reale.
Per la prima volta nella sua storia ultraventennale a inizio maggio FinecoBank  è diventata una banca indipendente. Il nuovo status è coinciso con la decisione di Unicredit  di dimezzare – e in seguito azzerare – la quota azionaria (35%) in suo possesso. Nell’attesa di vedere se nei prossimi giorni Consob ufficializzerà tra i compratori qualche nuovo azionista rilevante, nelle ultime ore BlackRock è stata la prima a scoprire le carte. In concomitanza col disimpegno di Unicredit  il gigante americano dell’asset management ha incrementato al 10,233% (8,444% di quota azionaria semplice, 0,82% oggetto di contratti di prestito titoli e 0,969% tramite contract for differences) la posizione complessiva nel capitale della banca multicanale guidata da Alessandro Foti, diventandone il principale azionista dopo l’addio di Unicredit

Sindaci responsabili per il dissesto societario a 360 gradi. Rispondono anche quando gli amministratori hanno fatto di tutto per tenerli all’oscuro dalle attività illecite e anche per il periodo antecedente l’assunzione dell’incarico. I professionisti sono infatti titolari di poteri di ispezione e controllo che devono esercitare.
È quanto affermato dalla Corte di cassazione che, con la sentenza n. 18770 del 12 luglio 2019, ha accolto il ricorso del fallimento che faceva valere la responsabilità dei sindaci per il dissesto finanziario dell’azienda.

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  • Maxi stangata su Facebook: 5 miliardi di multa
Il 24 aprile, fiutata l’aria di tempesta, Facebook ha accantonato 3 miliardi di dollari, ormai rassegnata a subire la madre di tutte le sanzioni per mano della Federal Trade Commission. Questa sanzione da record prendeva forma perché la società Cambridge Analytica ha avuto a disposizione i dati di milioni di utenti Facebook – 50 milioni, addirittura 87 milioni secondo alcune stime – per influenzare via Internet le elezioni americane del 2016. La Federal Trade Commission presenta a Facebook un conto da 5 miliardi di dollari. È la più alta ammenda che un organismo pubblico statunitense ha mai comminato a una azienda dei settori web e tecnologico. I dati personali e privati sono stati usati per orchestrare una campagna elettorale di suggestioni e condizionamenti proprio in favore dell’allora candidato Trump. Cambridge Analytica avrebbe confezionato dei messaggi su misura, in grado di influenzare i singoli elettori perché facevano leva sui gusti, le frequentazioni, gli orientamenti di ognuno.

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  • A Facebook multa record da 5 miliardi di dollari: violata la privacy degli utenti
5 miliardi di dollari per aver violato la privacy degli utenti nel caso Cambridge Analytica. Il «Wall Street Journal» scrive che la Federal Trade Commission, l’autorità che tutela i diritti dei consumatori, ha concluso l’inchiesta avviata nel 2018, comminando una sanzione senza precedenti per una big della Silicon Valley. Secondo il quotidiano la decisione della Ftc comporta anche altre restrizioni, che per il momento però, non sono state rese note. È una storia che inizia nel 2103 quando sbarca a Londra un giovanotto canadese di 24 anni. Si chiama Christopher Wylie e ha in testa un’idea sovversiva: rivoluzionare il marketing politico con una specie di porta a porta digitale. Basta raccogliere dai social i profili delle persone, analizzarli e poi confezionare messaggi su misura, destinati ai diversi gruppi classificati. Nel 2014 il giovane conosce Steve Bannon, l’allora direttore di Breitbart, il sito della destra radicale americana. I due condividono un concetto, mettendo insieme psicologia di massa e comunicazione digitale: la Rete può rendere appetibile anche un «prodotto politico» scadente. Circa 87 milioni di profili da recuperare su Facebook, all’insaputa dei diretti interessati. Ma come procurarseli? Ci pensa Aleksandr Kogan, un trentenne ricercatore di psicologia all’Università di Cambridge. Crea la app Thisisyourdigitalife che offre agli utenti online «un esame della personalità compiuto da un team di psicologi». Kogan piazza la app sulla piattaforma Facebook e aspetta. Abboccano in 270 mila. Scaricano il test che in realtà funziona una specie di sifone per risucchiare i dati sensibili dei sottoscrittori e dei loro amici. In un primo momento si contano 51 milioni di profili sottratti, poi diventano 87 milioni. Tutta materia prima per la propaganda di Bannon, nel frattempo diventato lo stratega della campagna elettorale di Trump.

  • Riscatto laurea da regolare nell’accordo sindacale
Con l’interpello 5/2019 il ministero del Lavoro ha fornito indicazioni sulle prestazioni straordinarie di accompagnamento a pensione dei fondi di solidarietà bilaterali e dell’eventuale riscatto di laurea. Una sigla sindacale dei lavoratori bancari ha infatti posto un quesito in riferimento alle caratteristiche della gestione del “prepensionamento” per i dipendenti del comparto creditizio dopo l’intervento della legge di bilancio 2017. La legge 232/2016 (articolo 1, commi 234-237) ha prorogato la durata massima dell’assegno straordinario di accompagnamento a pensione fino a sette anni, previsto uno “sconto” nella spesa sostenuta dal datore di lavoro che si riduce utilizzando una percentuale della Naspi e inserito un’ulteriore agevolazione. Questa consiste nella facoltà riservata all’azienda di pagare direttamente all’Inps, tramite il fondo bilaterale, eventuali riscatti o ricongiunzioni. Dando seguito a tale previsione, il decreto del ministero del Lavoro e di quello dell’Economia del 3 aprile 2017, recepito dall’Inps con la circolare 188/2017, ha previsto che il datore di lavoro possa sostenere tale onere direttamente, evitando così l’entropia fiscale generata dal riconoscimento di somme al dipendente, poi tassate e solo dopo versate dallo stesso all’istituto di previdenza.

  • Polizze, c’è da fidarsi delle nuove proposte?
Le polizze sono diventate uno degli investimenti preferiti degli italiani. Le riserve del ramo vita rappresentano ormai il 17% della ricchezza finanziaria delle famiglie, mentre gli investimenti in quote di fondi comuni sono scesi nel 2018 all’11,5% (12% nel 2017). Il dato sale al 25% se si osservano i salvadanai dei clienti retail di banche, posta e reti di consulenti. Mentre per i clienti delle strutture private, secondo i dati Aipb, le polizze hanno raggiunto proprio a fine marzo il massimo storico toccando quota 173 miliardi (pari al 21% delle masse investite dai paperoni). E la luna di miele continuerà anche nel 2019: secondo le previsioni dell’Ania quest’anno i premi Vita aumenteranno del 2,5% per un volume di quasi 105 miliardi. In particolare le stime dell’associazione indicano che proseguirà il buon andamento dei prodotti rivalutabili (ossia di ramo I) che garantiscono, a determinate condizioni, il capitale investito al netto dei costi, rivalutato in base all’andamento delle gestioni separate a cui sono collegate.
  • Con i tassi bassi continua a piacere il «ramo I»
Sono molti i fattori da analizzare quando si sceglie una polizza. Ce lo spiega Giuseppe Romano, responsabile ufficio studi e ricerche di Consultique Scf. Nell’ultimo periodo le polizze di ramo I sono le protagoniste della raccolta assicurativa. C’è ancora del valore su questi prodotti? Prima di giudicare una soluzione bisogna anche tenere conto del contesto in cui ci si trova. In uno scenario di tassi strutturalmente bassi, con un BTp decennale che rende 2,13% e i BoT ormai in territorio negativo questi strumenti restano interessanti: non solo ora ma anche per i mesi, e forse per gli anni a venire. Non pare esserci infatti attualmente all’orizzonte uno scenario rialzista. Anzi le ultime dichiarazioni della Bce fanno prospettare un periodo sostanzialmente stabile per i rendimenti di mercato. Anche mantenersi liquidi è diventato antieconomico: i conti correnti hanno rendimenti prossimi allo zero e per chi ha una propensione al rischio bassa, le polizze rivalutabili continuano ad essere efficienti: hanno, anche se non sempre, la garanzia del capitale (al netto dei costi) e non pagano il bollo dello 0,2% che pesa su tutti gli altri investimenti. Inoltre non si è esposti al rischio di variazione dei corsi obbligazionari come chi investe direttamente in bond a tasso fisso o in fondi e unit linked obbligazionarie.
  • Aumentano i riscatti sui generosi vecchi contratti
Il fenomeno delle trasformazioni di polizza non è un a novità nel mondo delle assicurazioni. Negli anni duemila molte rivalutabili, con buone prospettive di rendimento, sono state riscattate su sollecitazione delle reti o trasformate a favore di prodotti meno generosi o più rischiosi come unit e index naufragate poi sui mercati azionari. Ora sembra essere in atto un movimento simile, almeno stando ai numeri, che però pare passare sotto traccia. Le cifre difficilmente sbagliano e forse questo dovrebbe indurre a qualche riflessione sulle politiche commerciali di banche e reti. Se si guarda infatti i flussi di raccolta del ramo I (polizze rivalutabili garantite) ci si accorge che nell’ultimo periodo crescono i riscatti e la loro incidenza (salita al 73% sugli oneri per sinistri di ramo). Nel solo primo trimestre di quest’anno, per esempio, a fronte di 20 miliardi di raccolta lorda i riscatti sul ramo I sono stati pari a 7,6 miliardi di euro . Il flusso netto positivo del comparto è stato così pari a soli 5,8 miliardi (di cui circa l’80% generato dalla quota di ramo I inerente a nuove polizze multiramo, ossia il prodotto di punta del mercato su cui le reti stanno traghettando molti clienti).
  • La sfida delle compagnie ai tassi zero
L’appeal del capitale garantito continua a tenere alta in Italia la domanda per le polizze rivalutabili ramo uno nonostante i tassi a zero e i costi. Una situazione che non pone rischi di solvibilità e sostenibilità al sistema assicurativo, ma riduce sicuramente la profittabilità per le compagnie specializzate nel vita. In attesa che il trend delle ramo 1 rientri e che il rilancio delle unit e/o delle polizze ibride (più svincolate dalla dinamica dei tassi e legate invece ai mercati finanziari) si concretizzi, le compagnie diversificano i portafogli per recuperare redditività. «Si sta verificando – spiega Enrico Esposti, analista assicurativo Banca Akros – quanto è accaduto in Giappone, che ha fatto da apripista agli scenari a tasso zero per gruppi bancari e assicurativi. Sulle polizze di nuova produzione a tasso zero le assicurazioni non perdono soldi e garantiscono rendimenti ex post solo se questi a scadenza si sono effettivamente concretizzati, mentre le vecchie polizze che garantiscono rendimenti più alti possono diventare poco sostenibili».
  • Assicurativi esposti alle dinamiche degli spread
La repressione finanziaria messa in campo nell’ultimo decennio dalle banche centrali ha determinato una compressione dei tassi con evidenti ricadute su tutto il mondo dei titoli finanziari. Bancari e assicurativi hanno dovuto fronteggiare questa nuova situazione riadattando le loro strategie e aumentando l’asticella dell’esposizione ai rischi per mantenere la redditività. Un report di pochi giorni fa di Goldman Sachs, ad esempio, evidenzia che in Europa la ricerca di rendimenti per alcuni gruppi assicurativi ha determinato la situazione per cui almeno la metà del portafoglio di corporate bond ha un rating BBB o anche inferiore. Si tratta di emissioni che sono vicino alla sottile linea di confine dell’”investment grade” e questo significa, sottolinea Goldman, che il peggioramento della condizioni sul mercato del credito e l’allargamento degli spread possono avere impatti significativi. Il fattore “credit spread” diventa quindi una delle variabili chiave da monitorare per capire le evoluzioni del settore nei prossimi mesi del 2019. È chiaro che la sensibilità dei titoli assicurativi alle mosse delle banche centrali diventa molto elevata a partire da quello che sarà deciso nei prossimi meeting della Bce.
  • Quando polizza è sinonimo di frode
Non si conosce il numero degli automobilisti che, ad oggi, stanno circolando in Italia convinti di essere assicurati senza esserlo affatto. Loro guidano sereni, ignari di sedere su bombe innescate, pronte a esplodere al primo incidente, privi di qualunque copertura e garanzia di risarcimento a terzi e a se stessi. L’inchiesta sulla truffa assicurativa scoperchiata la scorsa settimana dall’Ivass, dal Nucleo Speciale di tutela della privacy e frodi telematiche della Guardia di Finanza e dal pool antitruffa della Procura di Milano guidato dall’aggiunto Eugenio Fusco, sta procedendo nell’escussione di plotoni di testimoni per inchiodare i truffatori alle loro responsabilità penali. Sotto il profilo quantitativo i primi risultati delle indagini hanno già fatto emergere un quadro allarmante. I 222 i siti internet pirata intercettati e chiusi con un provvedimento di sequestro preventivo sono un segno preciso della facilità di montaggio di questo schema truffaldino. E d’altra parte confermano una volta di più come l’affidarsi solo ai motori di ricerca sia molto rischioso: alcuni dei siti pirata sequestrati, infatti, campeggiavano ai primissimi posti delle liste presentate dei motori di ricerca più utilizzati.
  • Se a pagare è sempre l’assicurato
Le truffe assicurative evolvono, ma la “madre” delle frodi nel settore dell’Rc Auto rimane quella condotta, anche con un semplice raggiro, nei confronti delle compagnie con comportamenti fraudolenti da parte dell’assicurato nella fase di denuncia del sinistro: dai falsi danni alle spese gonfiate. Un fenomeno ancora di ampia portata, come emerge dalla relazione annuale pubblicata in settimana dall’Ania, con il 23,5% dei sinistri, degli oltre 2,8 milioni denunciati nel complesso lo scorso anno in Italia, che per le compagnie sono esposti al rischio frode. Sinistri che in gran parte sono stati oggetto di approfondimento e che nel 2018 nel 14,9% dei casi hanno consentito alle compagnie di non pagare i risarcimenti inizialmente richiesti. Un’azione antifrode che nell’1,3% dei casi ha avuto anche un seguito con la presentazione di una querela/denuncia da parte dell’impresa di assicurazione. Frodi che generano quindi costi alle compagnie che, in un modo o nell’altro. vengono poi caricati sui premi richiesti agli assicurati.