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Oltre un’azienda italiana su due è stata vittima di un cyber attacco. Il 41% dei responsabili della sicurezza informatica delle aziende italiane ritiene che gli errori commessi da parte dei dipendenti abbiano reso vulnerabile la propria organizzazione di fronte agli attacchi informatici, spingendo, quindi, quasi tutti ad intraprendere attività di formazione specifica rivolta alle risorse umane interne. E seppure per l’89% degli esperti di sicurezza la formazione rappresenti una priorità assoluta, il 44% degli stessi, percentuale più alta rispetto ai colleghi di altre nazionalità, ritiene la protezione tecnologica adottata in grado di mitigare gli errori dei dipendenti. Sono le evidenze scaturite dal report «Dentro la mente del responsabile della sicurezza IT: minacce, sfide e opportunità per migliorare», elaborato dalla società Trend Micro. La ricerca, che ha coinvolto oltre mille responsabili della sicurezza informatica di Regno Unito, Stati Uniti, Germania, Spagna, Italia, Svezia, Finlandia, Francia, Paesi Bassi, Polonia, Belgio e Repubblica Ceca, esplora le principali minacce che affrontano le organizzazioni.

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La diffusione di Internet e dell’innovazione digitale ha permesso a molte industrie di fare enormi passi in avanti sul fronte della produttività e della redditività ma ha portato con sé anche nuovi rischi. Basti pensare ai danni che può provocare a una fabbrica che ha adottato macchinari 4.0 un attacco informatico in grado di bloccare la produzione o rubare dati di vitale importanza. A fare il punto della situazione ci ha pensato Yarix, la divisione di sicurezza digitale di Var Group, azienda attiva nel campo dell’information technology, che ha avviato uno studio che, con cadenza regolare, monitorerà gli attacchi subiti da un centinaio di imprese sue clienti con un fatturato superiore ai 50 milioni di euro.
Nel primo report, relativo al periodo gennaio-marzo di quest’anno, gli eventi di sicurezza rilevati sono stati 12.020, gli incidenti di sicurezza 3.162 e gli eventi critici 14. Di particolare interesse è lo spaccato delle industrie prese di mira dal cybercrime: in cima alla classifica c’è ovviamente il comparto manifatturiero colpito nel 37% dei casi, seguito da quello dell’information technology (17%). La vera sorpresa si trova al terzo posto ed è la distribuzione moderna, che è stata oggetto del 16% degli attacchi. Seguono il settore bancario, quello dei giochi e i quindi i trasporti.

Dai calcoli che abbiamo elaborato si evince come le perdite siano altissime: in 13 anni (dal 2006 al 2019) sono pari a mezza annualità di pensione per gli importi fino a 5 volte il trattamento minimo (TM) e addirittura un’intera annualità per quelli da 12 volte il TM. E a perderci, anche nel 2019, sono i pensionati «paganti», cioè quelli che i contributi e le imposte le hanno pagate per tutta la vita e quindi dispongono di pensioni pari o superiori a 4 volte il TM Inps 2019, cioè 2.052 euro lordi al mese: questo perché le loro rendite non sono state adeguate all’inflazione al 100% ma solo ad una percentuale più bassa, in molti anni inferiore addirittura a quella prevista nel lontano 1997, a 5 anni dalla prima riforma targata Amato e a due da quella Dini che rimettevano ordine in un sistema pensionistico devastato da oltre 22 anni di uso sconsiderato delle pensioni.
Sembra scontato affermare oggi che i dati siano la nuova frontiera per lo sviluppo economico. La realtà è che già oggi rappresentano una buona fetta della ricchezza. Nell’Unione Europea nel 2008 sono arrivati a coprire il 2,6% del Pil, vale a dire circa 377 miliardi di euro. Una cifra che potrebbe superare i mille miliardi nel 2025. A patto che i Paesi, tutti, comprendano la strategicità dei dati e della loro gestione. L’Europa sta da tempo lavorando su questo. Prova ne sono le varie direttive e regolamenti che riguardano privacy e gestione delle informazioni che gli utenti depositano sulle piattaforme tecnologiche navigando o usando servizi.
L’industria del private banking riprende la corsa e i cuori recuperano l’ottimismo, confidando nelle buone performance del mercato finanziario. Dopo la frenata del 2018, il mondo del private festeggia una crescita congiunturale del 5%. Nel quarto trimestre dello scorso anno, infatti, per effetto del deterioramento dei mercati finanziari, gli asset in gestione hanno subito un calo del 3%, facendo scivolare il patrimonio sotto gli 800 miliardi di euro.
Ma nel primo trimestre 2019, grazie al miglioramento del contesto, si è recuperato un po’ del terreno perduto. Da qui si riparte e si scommette su un incremento di almeno 85 miliardi di euro nel prossimo triennio. Si spera così, di superare ampiamente l’attuale soglia di asset gestiti, pari a 817 miliardi di euro. La stima è dell’associazione di categoria Aipb. Il tempo dirà se gli spiragli di ottimismo che si sono aperti in questi ultimi giorni sui mercati diventeranno qualche cosa di più concreto. Anche nei portafogli delle famiglie più facoltose.
Andare a debito è più facile. Le banche stanno aumentando l’offerta dei prestiti, anche per compensare il calo della domanda dei mutui. Il risultato è che i tassi crescono praticamente ovunque, ma sale anche la disponibilità a erogare. I prestiti sono oggi la carta delle banche per aumentare la redditività.
«Non stupisce che ci sia un aumento dell’offerta — dice Gianfranco Torriero, vicedirettore dell’Abi, l’Associazione bancaria italiana —. Sono operazioni d’importo molto più limitato rispetto ai mutui, in genere sotto i 30 mila euro, con un ammontare di rischio più contenuto». Il fatto curioso è che la concorrenza sta aumentando, ma anziché scendere i costi salgono.

  • Tornano i limiti al regresso dell’Inail sul responsabile
Importanti novità in tema di disciplina civilistica dell’Inail sono contenute nel decreto crescita, approvato in via definitiva nella seduta al Senato del 27 giugno scorso (decreto legge 34/2019, divenuto legge 58/2019, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 29 giugno e in vigore dal 30 giugno). L’articolo 3-sexies del testo approvato, oltre a prevedere un taglio di circa 600 milioni per le tariffe Inail, che diviene strutturale a decorrere dal 2023, ha abrogato integralmente il testo dell’articolo 1, comma 1126, lettere a), b), c), d), e) e f), dell’ultima legge di Bilancio, la 145/2018, che aveva sensibilmente riscritto le regole dell’azione civile con la quale l’Inail recupera una parte del proprio esborso a favore del lavoratore, dal responsabile del danno (il datore di lavoro o un terzo).
  • Distratto dal cellulare o lontano dalle strisce: ecco quando il pedone risponde del sinistro
Da dimostrare la condotta colposa dell’investito e la relazione con l’incidente. Il pedone non ha sempre ragione. Lo ha stabilito la giurisprudenza che negli ultimi tempi ha allargato le maglie della responsabilità di chi attraversa senza guardare per parlare al cellulare o lontano dalle strisce pedonali. Tutti comportamenti che contribuiscono a causare gli incidenti e ad attenuare, fino ad annullare, la colpa dei conducenti. La regola è che in caso di investimento del pedone grava su chi guida una presunzione di responsabilità in base all’articolo 2054 del codice civile. Nel caso, invece, in cui il comportamento del pedone sia stato imprevedibile e anomalo è possibile provare il concorso di colpa o addirittura la responsabilità esclusiva dell’investito. I giudici, chiamati a valutare e quantificare le responsabilità, devono partire dal presupposto che la colpa del conducente sia pari al 100% per poi accertare in concreto la responsabilità del pedone e ridurre progressivamente la percentuale di colpa presunta a carico del conducente via via che emergono circostanze rilevanti che hanno avuto un’incidenza causale importante nell’impatto. È sempre onere del conducente dimostrare che la condotta del pedone è stata colposa e ha avuto conseguenze dirette nel determinare il sinistro.

Occorre prestare la massima attenzione alla sollecitazione telefonica nell’ambito dell’assicurazione. Secondo fonti corroboranti, il Comitato consultivo del settore finanziario (FSCC), l’organo consultivo che riunisce, sotto l’egida della Banque de France, mediatori, assicuratori, banche e associazioni dei consumatori, si è occupato dell’argomento al fine di definire le migliori pratiche.
Questo lavoro è stato avviato in un momento in cui l’Autorité de contrôle prudentiel et de résolution (ACPR) riferisce “moltissimi reclami” in relazione a questo tipo di vendita a distanza. “Stiamo assistendo a vere e proprie derive”, conferma un buon conoscitore del settore. Questo è il caso, in particolare, dell’assicurazione sanitaria complementare, con particolare riferimento alle pratiche abusive nei confronti degli anziani, obiettivi preferiti data l’elevata entità dei loro premi assicurativi. Nel 2018, “vista la persistenza di relazioni” in questo settore, la Direzione generale della concorrenza, dei consumatori e del controllo delle frodi (DGCCRF) ha condotto un’indagine in 10 regioni tra 92 professionisti, principalmente intermediari assicurativi.

Handelsblatt

 

  • Allianz richiede statistiche proprie per gli incidenti di e-scooter
Per gli assicuratori, i dati relativi agli incidenti sono importanti a causa della valutazione dei rischi.  Secondo Allianz la polizia dovrebbe inserire gli incidenti con scooter elettrici come categoria a parte nelle statistiche in tutta la Germania.
“Solo in questo modo gli esperti in materia di sicurezza possono individuare sin dall’inizio gli sviluppi indesiderati e gli schemi tipici degli incidenti e consigliare tempestivamente le contromisure”, scrivono gli esperti dell’assicuratore. “I ricercatori di Allianz partono dal presupposto che il numero di incidenti aumenterà, sia per gli incidenti di collisione che per i singoli incidenti”.