Le c.d. tabelle del Tribunale di Milano assumono rilievo, ai sensi dell’art. 1226 c.c., come parametri per la valutazione equitativa del danno non patrimoniale alla persona; ne consegue che la loro erronea applicazione da parte del giudice dà luogo a una violazione di legge, censurabile in sede di legittimità ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3.

Qualora il giudice, al fine di soddisfare esigenze di uniformità di trattamento su base nazionale, proceda alla liquidazione equitativa del danno non patrimoniale in applicazione delle c.d. tabelle predisposte dal Tribunale di Milano è tenuto a esplicitare, in motivazione, se e come abbia considerato tutte le circostanze del caso concreto per assicurare un risarcimento integrale del pregiudizio subito da ciascun danneggiato.

Nel danno non patrimoniale, qualora il giudice, nel soddisfare esigenze di uniformità di trattamento su base nazionale, proceda alla liquidazione equitativa in applicazione delle tabelle predisposte dal Tribunale di Milano, nell’effettuare la necessaria personalizzazione di esso, in base alle circostanze del caso concreto, può superare i limiti minimi e massimi degli ordinari parametri previsti da dette tabelle solo quando la specifica situazione presa in considerazione si caratterizzi per la presenza di circostanze di cui il parametro tabellare non possa aver già tenuto conto, in quanto elaborato in astratto in base all’oscillazione ipotizzabile in ragione delle diverse situazioni ordinariamente configurabili secondo l’id quod plerumque accidit, dando adeguatamente conto in motivazione di tali circostanze e di come esse siano state considerate.

Cassazione civile sez. VI, 29/05/2019 n. 14746