I dati raccolti da Legambiente. E ora si diffonde anche il racket dei reperti archeologici
Si riducono i crimini contro l’ambiente. Su il giro d’affari

Pagina a cura di Tancredi Cerne

Calano i reati ma cresce il giro d’affari delle ecomafie. Lo scorso anno il bilancio complessivo dei crimini contro l’ambiente è passato infatti dagli oltre 30 mila illeciti registrati nel 2017 a 28.137 (più di 3,2 ogni ora). E questo, grazie alla netta flessione degli incendi boschivi (-67% nel 2018) e alla riduzione dei furti di beni culturali (-6,3%). Come conseguenza, il numero delle persone denunciate ha fatto segnare una contrazione di oltre il 10% fermandosi a quota 35.104 contro le oltre 39 mila del 2017. Mentre quelle arrestate sono state appena 252 a fronte delle 538 del 2017. In calo anche il bilancio dei sequestri effettuati (10 mila contro gli 11.027 del 2017). Nonostante questo, però, l’aggressione alle risorse ambientali della penisola ha fruttato alle ecomafie ben 16,6 miliardi di euro di giro d’affari, 2,5 miliardi in più rispetto all’anno precedente. La fotografia scattata da Legambiente ha messo in luce un elemento di forte preoccupazione relativo alla concentrazione dei reati nelle quattro regioni a tradizionale insediamento mafioso. Secondo l’analisi condotta dal pool di esperti che ha collaborato alla redazione del rapporto Ecomafie 2019, infatti, lo scorso anno in Campania, Calabria, Puglia e Sicilia si è concentrato quasi il 45% del totale delle infrazioni, pari a 12.597. In particolare, la Campania ha ottenuto il triste primato di prima regione in Italia per illegalità ambientali con 3.862 illeciti (14,4% sul totale nazionale), seguita dalla Calabria (3.240) con il numero più alto di arresti, 35, la Puglia (2.854) e la Sicilia (2.641). Mentre la Toscana, dopo il Lazio, è stata la seconda regione del Centro Italia per numero di reati (1.836). La provincia con il numero più alto di illeciti si è conferma ancora una volta Napoli (1.360), seguita da Roma (1.037), Bari (711), Palermo (671) e Avellino (667). Ma il primato negativo della Campania non si è limitato agli illeciti ambientali. Con 1.169 infrazioni, infatti, la regione ha conquistato la vetta della classifica italiana anche sul versante delle illegalità nel ciclo del cemento, posizionandosi davanti a Calabria (789), Puglia (730), Lazio (514) e Sicilia (480). Mentre a livello provinciale, la classifica è stata guidata da Avellino e Napoli, rispettivamente con 408 e 317 infrazioni accertate.

Andamento degli illeciti ambientali. Entrando nel dettaglio dei singoli illeciti ambientali analizzati dal rapporto di Legambiente, lo scorso anno sono cresciuti sia quelli legati al ciclo illegale dei rifiuti che si sono avvicinati alla soglia degli 8 mila (quasi 22 al giorno), sia quelli del cemento selvaggio che nel 2018 hanno registrato una vera e propria impennata arrivando a toccare quota 6.578, con una crescita del 68% rispetto ai 3.908 del 2017). Un incremento che, secondo l’analisi di Legambiente, sarebbe legato all’introduzione nel conteggio anche delle infrazioni verbalizzate dai carabinieri per la tutela del lavoro, in materia di sicurezza, abusivismo, caporalato nei cantieri e indebita percezione di erogazioni ai danni dello stato, guadagni ottenuti grazie a false attestazioni o missione di informazioni alla pubblica amministrazione. «Nel 2018 sono lievitate anche le illegalità nel settore agroalimentare», hanno avvertito gli esperti dalle pagine del rapporto sulle ecomafie. «Le infrazioni ai danni del made in Italy sono state ben 44.795, quasi 123 al giorno (contro le 37 mila del 2017) e il fatturato illegale, considerando solo il valore dei prodotti sequestrati, ha toccato l’1,4 miliardi con un aumento del 35,6% rispetto all’anno prima». In leggera crescita anche i delitti contro gli animali e la fauna selvatica con 7.291 reati, circa 20 al giorno, contro i 7 mila del 2017. In controtendenza, invece, gli incendi boschivi scesi a 2.034 dai 6.550 del 2017 grazie soprattutto a condizioni meteoclimatiche sfavorevoli agli ecocriminali.

I risultati della legge 68/2015 sugli ecoreati. A cercare di limitare il proliferare delle ecomafie ci ha pensato, anche nel 2018, la legge 68/2015 sugli ecoreati continuando a dare i suoi frutti sia sul fronte repressivo che su quello della prevenzione. Secondo l’analisi di Legambiente, la norma è stata applicata dalle forze dell’ordine per 1.108 volte lo scorso anno, più di tre volte al giorno, con una crescita pari a 129%. «Come gli altri anni, la fattispecie dell’inquinamento ambientale è quella più applicata con 218 contestazioni e una crescita del 55,7% rispetto all’anno precedente», si legge nel rapporto. «In aumento anche i casi di disastro ambientale applicato in 88 casi (più che triplicati rispetto all’anno precedente)». Completano il quadro le 86 contestazioni per il delitto di traffico organizzato di rifiuti, 15 casi di traffico e abbandono di materiale ad alta radioattività, 6 delitti colposi contro l’ambiente, 6 di impedimento al controllo e i 2 di omessa bonifica. «Si conferma la validità della legge 68 del 2015 che ha inserito i delitti ambientali nel codice penale, con buona pace dei suoi detrattori che negli ultimi anni hanno perso voce e argomenti per denigrarla», ha commentato Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente. «I risultati ottenuti dovrebbero indurre a completare la riforma di civiltà inaugurata con la normativa sugli ecoreati: il nostro auspicio è che il governo e il parlamento invertano il prima possibile la rotta intrapresa e abbiano il coraggio di continuare il lavoro che nella scorsa legislatura ha visto approvare il maggior numero di norme ambientali di iniziativa parlamentare della storia repubblicana».

Gli affari d’oro dell’archeomafia. Non solo rifiuti e cemento. I tentacoli delle mafie sono arrivati fino al mercato clandestino dell’arte alimentando il saccheggio dell’enorme capitale artistico e archeologico italiano. «Nel corso del 2018 il racket legato alle opere d’arte e ai reperti archeologici ha avuto un andamento piuttosto altalenante», si legge nel Rapporto sulle ecomafie realizzato da Legambiente. «Se è vero che è calato il numero dei furti (-6,3% rispetto al 2017), è altrettanto evidente la contrazione dei sequestri effettuati da parte della autorità (-77,8%) oltre al numero degli oggetti recuperati (-41%)». Considerevole l’entità dei controlli, arrivati a toccare la cifra record di 33.028, pari a una media di oltre 90 al giorno. «La regione più esposta all’aggressione dell’archeomafia è stata la Campania, con il 16,6% di opere d’arte rubate, mentre a svettare nel bilancio del tesoro recuperato ci sono i reperti archeologici che nel 2018 hanno raggiunto la considerevole cifra di 43.021».
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