di Salvatore d’Antona.

Cosa accade al mondo degli Intermediari Assicurativi? Il mestiere dell’assicuratore è destinato a scomparire sotto i colpi delle nuove normative, sempre più severe, o è in atto una selezione naturale tra chi è in grado di svolgere questa professione riuscendo a governare la rivoluzione tecnologica e chi invece soccombe restando ancorato a vecchi schemi? I dati diffusi dall’Ania sembrano impietosi. In due anni, dal 2015 alla fine del 2017, il numero degli Agenti (persone fisiche) si è ridotto di 5.283 unità passando dai 25.011 iscritti alla sezione A del RUI nel 2015 ai 19.728. Una erosione che ha visto il suo culmine nel passaggio dal 2015 al 2016  (meno 4.443) e continua la sua discesa con numeri più ridotti (meno 840 agenti tra il 2016 e il 2017) ma pur sempre significativi. Anche le Società Agenti iscritte alla sezione A sono diminuite: da 9.405 società iscritte alla sezione A siamo passati a 8.985 con ben 420 società perdute in due anni.

A completare il quadro di questo fenomeno di riduzione drastica del numero degli operatori  delle Agenzie Assicurative tradizionali ci sono ben 8.244 subagenti in meno. Da 197.788 iscritti alla sezione E nel 2015 (tra società e persone fisiche) siamo arrivati a 189.544 iscritti. Entrando più nel dettaglio nell’analisi della sezione E troviamo che le persone fisiche sono diminuite di 8.591 unità, mentre le società sono aumentate di 347 unità. Anche i produttori diretti delle Compagnie, quelli iscritti alla sezione C passano da 6.121 iscritti al RUI a 4.359 riducendosi di ben 1.762 unità.

Il canale Broker non risulta immune rispetto a questo fenomeno. Nel 2015 erano 5.752 gli iscritti alla sezione B del Rui. Nel 2017 si sono ridotti di 188 unità. Come nel caso dei subagenti, anche qui diminuiscono di 242 unità gli iscritti persone fisiche e aumentano di 54 unità le società.

In sintesi, in un settore che continua a dare impiego a circa 300mila persone, in due anni 13.715 intermediari hanno gettato la spugna. Quali le cause? Proviamo a dare qualche risposta.

  1. Le politiche di “accorpamento” delle Compagnie. Le logiche commerciali e di presidio del territorio da parte delle Compagnie sembrano sempre più orientate a costruire punti vendita più grandi con una maggiore capacità di offerta (pluralità di intermediari con competenze diverse in una stessa agenzia) e spalle più forti economicamente. Questo processo esclude automaticamente quegli intermediari abituati alla piccola agenzia fai da te che, vedendosi inclusi in realtà a carattere “industriale”, non se la sentono di andare avanti. Vengono espulsi dal sistema anche tutti quegli agenti che, per svariati motivi, primo dei quali una vita trascorsa in una modalità “artigianale” della professione, non si rivedono nelle nuove logiche.
  2. La digitalizzazione. La spinta sempre più decisa delle Compagnie verso prodotti altamente digitalizzati e standardizzati elimina dal mercato tutti quegli intermediari che non si adeguano né ai nuovi strumenti di vendita né al fatto che la tecnica assicurativa sembra sempre più bandita dalle agenzie. Fare una polizza Credito, costruire una all-risks per una grande azienda non rientrano tra le aspettative di raccolta delle Compagnie (sempre più orientate al Retail) e dunque gli intermediari abituati a fare gli assicuratori, quelli che costruiscono una polizza da zero, si sentono poco apprezzati.
  3. La morte del fai da te. Chi, in passato, decideva di lasciare l’area di confort di una Compagnia per costruirsi una realtà “fai da te”, plurimandataria, dove campeggiava il nome dell’Intermediario sull’insegna, oggi è in pericolo. Le nuove direttive (Privacy e IDD su tutte) lasciano intravedere l’intento del legislatore di scoraggiare i piccoli intermediari per realizzare realtà più concentrate e, dunque, più facilmente controllabili dagli organismi di controllo. La difficoltà di avere le risorse da investire in tecnologia, la fatica di cercarsi accordi con altre agenzie o mandati da Compagnie rende il fai da te un’impresa quasi impossibile da realizzare. Questa analisi vale anche per i piccoli broker, quegli operatori che fatturano meno di 150.000 euro all’anno e che, per impostazione commerciale e aree di business, somigliano molto ad agenti e subagenti plurimandatari.
  4. La marginalità della polizza rc auto. In passato si aprivano agenzie con solo portafoglio RC Auto. Bastava e avanzava per avere guadagni decorosi e una clientela numerosa. Oggi la RC Auto si sta velocemente riducendo ad una commodity. Presto si farà la polizza rc auto con la stessa modalità con la quale si acquista l’abbonamento a Sky o si cambia gestore per il telefono. Nel 2017 i veicoli noleggiati a lungo termine sono stati 27.000 con una impennata del + 13,6%. Queste auto escono dalla concessionaria già assicurate. Se aggiungiamo i fenomeni di car sharing, di Poste Italiane che entra nel business rc auto e osserviamo che le provvigioni nel settore sono sempre più risicate, comprendiamo che tutti quei piccoli intermediari che hanno vissuto da sempre basando il proprio business su questo ramo di polizza sono destinati a scomparire

Insomma, la tendenza è ad aggregare e ad aggregarsi per cercare di resistere alle turbolenze di un mercato complesso attraversato da legislazioni sempre più stringenti e da economie sempre più scarne. Tutto scorre e tutto si trasforma e davanti ai nostri occhi questo antico e nobile mestiere sta vivendo una delle più grandi trasformazioni di tutti i tempi, con costi umani ed economici notevoli, ma anche, per chi è in grado di coglierle, di inattese opportunità.