IL VOSTRO QUESITO

Un contraente che ha aderito ad un piano pensione ai sensi del d.lgs 252/2005 quando era residente in Italia, può continuare i versamenti, pur non deducendoli in quanto non produce reddito in Italia, anche dopo il suo trasferimento all’estero con residenza all’AIRE e domicilio in USA?

L’ESPERTO RISPONDE


In risposta al suo quesito le evidenzio che in caso di trasferimento di un lavoratore all’interno della comunità Europea esiste una “Direttiva relativa alla salvaguardia dei diritti della pensione complementare dei lavoratori subordinati e dei lavoratori autonomi che si spostano all’interno della Comunità europea”. Questa direttiva garantisce ai lavoratori che si trasferiscono in un paese della C.E. il mantenimento dei propri diritti pensionistici integrativi senza subire alcuna perdita (non è comunque il suo caso).

Si aggiunge che: i contributi versati alle forme pensionistiche complementari previste dal decreto legislativo 252/2005 rientrano, ai sensi dell’articolo 10, comma 1, lettera e-bis, del Tuir, tra gli oneri deducibili dal reddito complessivo, se non deducibili nella determinazione dei singoli redditi che concorrono a formarlo. Di tale beneficio non possono però usufruire i contribuenti non residenti in Italia, a meno che gli stessi producano in Italia almeno il 75% del reddito complessivamente prodotto e non godano di agevolazioni fiscali analoghe nello Stato di residenza (articolo 24 del Tuir)

Inoltre da parte dell’Amministrazione Finanziaria si segnala esclusivamente la circolare 23 dicembre 1997, n. 326/E, il cui paragrafo 2.2.1, illustrando i criteri di deducibilità dal reddito di lavoro dipendente dei contributi precisa: “tenuto conto che il legislatore ha fissato la disciplina dei contribuii distinguendo soltanto i contributi obbligatori versati in ottemperanza ad una disposizione di legge da quelli che, invece, tali non sono, si deve ritenere sia irrilevante la circostanza che detti contributi, obbligatori o “facoltativi”, siano versati in Italia, sempreché le somme e i valori cui i contributi si riferiscono siano assoggettati a tassazione in Italia”. La precisazione dimostra come la questione della deducibilità dei contributi erogati all’estero sia risolta dall’Amministrazione Finanziaria alla luce della normativa nazionale.

Vorrei infine segnalare la nuova Convenzione Italia – USA del 25 agosto 1999 con la quale il lavoratore dovrebbe pertanto ottenere un riconoscimento dalle autorità americane alla deduzione di quanto versato in Italia.

Il riconoscimento della deducibilità dei contributi è condizionato a due circostanze. In primo luogo deve trattarsi di contributi versati “prima dell’arrivo di detta persona nell’altro Stato”: tale inciso dovrebbe intendersi nel senso che è necessario che il lavoratore risulti già iscritto alla forma pensionistica complementare dello Stato del quale è residente prima di iniziare l’attività nell’altro Stato. Proseguendo pertanto nell’esempio occorre che il lavoratore italiano risulti iscritto ad una forma pensionistica italiana. In secondo luogo tale regime è ammesso a condizione che il versamento avvenga a favore di fondi riconosciuti dall’altro Stato. In altri termini è necessario che il fondo del Paese di residenza del lavoratore ottenga un riconoscimento dalle autorità competenti dello Stato presso il quale presta la sua attività il lavoratore. Nel caso prospettato il fondo italiano dovrebbe pertanto ottenere un riconoscimento dalle autorità americane.

In conclusione il lavoratore potrà proseguire con i versamenti al proprio fondo di previdenza complementare in Italia e verificare se potrà dedurre quanto versato, dal reddito percepito in America.