di Antonio Ciccia Messia

Stato italiano condannato a risarcire il proprietario edilizio per mancato sgombero di un immobile occupato. Se lo stabile è abusivamente detenuto, è lo stato, con il suo apparato amministrativo, che deve darsi carico di rendere disponibile la proprietà agli aventi diritto.
Con questa motivazione il tribunale di Roma ha scritto una sentenza (13719/2018, depositata il 4 luglio 2018, giudice Alfredo Sacco) che fa giurisprudenza, essendo la prima volta che una omissione dell’attività dell’autorità amministrativa viene considerata presupposto di un risarcimento: nel caso concreto l’importo è sorprendente in valore assoluto (oltre 28 milioni di euro oltre interesse per un grosso compendio, occupato da ben nove anni). La sentenza mette in evidenza che i diritti dei privati sono un diritto soggettivo del privato nei confronti dello stato. Qui l’inerzia colpevole è stata ravvisata nella mancata prevenzione dell’occupazione e nella mancata esecuzione di provvedimento di sgombero. La sentenza analizza le posizioni delle varie autorità chiamate in giudizio e cioè comune, regione e stato. Soppesandone le competenze, la pronuncia concentra la condanna in capo allo stato e manda assolti regione e comune. La pronuncia si preoccupa di dare conto che il privato aveva fatto tutto quanto ragionevole attendersi e senza pretendere oneri sproporzionati.

Tra l’altro alla società proprietaria degli stabili occupati non può rimproverarsi di non avere recintato tutta zona e di avere predisposto un sistema di vigilanza complessivo: non era esigibile, dice il giudice, e tra l’altro non sarebbe stato nemmeno efficace. Solo l’uso della forza, nei limiti previsti dalla legge, avrebbe garantito il risultato che per di più sarebbe stato doppio: garantire il godimento dell’immobile alla parte proprietaria; assicurare il generale interesse dei consociati alla convivenza ordinata e pacifica. Quindi lo stato deve contemporaneamente tutelare la proprietà e l’ordine pubblico e la sicurezza pubblica. Nella pronuncia si legge, infatti, che la tutela della proprietà e dell’iniziativa economica privata non è alternativa alla tutela dell’ordine pubblico e della sicurezza pubblica ma ne costituisce una delle manifestazioni più significative unitamente alla tutela della sicurezza e della libertà delle persone. Se l’esecuzione degli sgomberi forzati può nell’immediato provocare disordine e turbamenti dell’ordine pubblico, la tolleranza delle occupazioni abusive, al contrario, può determinare situazioni di pericolo meno evidenti ma decisamente più gravi nel medio e nel lungo periodo. Tollerare simili occupazioni abusive, conclude la sentenza, può consentire il formarsi di “zone franche” utili per ogni genere di traffico illecito. Il danno risarcibile, quanto al diritto di proprietà, è stato determinato dall’oggettiva impossibilità di disporre del bene e commisurato al valore locatizio del bene stesso.

Quanto al diritto di iniziativa economica, il pregiudizio è stato invece determinato dall’impossibilità di concludere positivamente l’investimento programmato e commisurato al profitto non introitato. «Si tratta», ha dichiarato il presidente di Confedilizia, Giorgio Spaziani Testa, «di una sentenza di estrema importanza, che ha il merito di mettere in evidenza le gravissime responsabilità di uno Stato che, tollerando per anni comportamenti illegali, lede i diritti costituzionalmente garantiti di proprietà e di iniziativa economica, incomprimibili, e mina le fondamenta della convivenza civile». La decisione individua una omissione di un potere pubblico come condotta causale di un danno risarcibile. In sé è, quindi, estensibile a tante altre situazioni, nei campi più disparati: dalla sanità alla giustizia alla scuola e così via. La sentenza non procede, invece, ad alcun bilanciamento di interessi e non tiene conto di compatibilità economiche. Nel caso specifico il danno da pagare al privato viene posto a carico della fiscalità generale, con eventuale danno a carico di altri interessi pubblici. Una riflessione finale riguarda il fatto che nel momento in cui la sentenza venisse confermata si pone un problema di responsabilità erariale a carico dei funzionari pubblici, che con colpa grave siano autori di quella colpevole inerzia.
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