274 vetture  vengono rubate ogni giorno sulle strade italiane  e di queste ben 164 spariscono nel nulla.

Nel 2017 i furti sono diminuiti (di poco sotto la soglia dei 100.000), ma sono calati ancor più significativamente i recuperi (solo 4 vetture su 10 vengono recuperate).

Il business sta evolvendo con l’impiego sempre più frequente di dispositivi hi-tech utilizzati per sottrarre i veicoli in modo mirato, rapido ed efficace.

L’obiettivo delle organizzazioni criminali si sta spostando verso i SUV, i cui furti, in controtendenza con il dato generale, sono cresciuti di oltre l’8% rispetto al 2016. Per questi veicoli le Regioni più a rischio sono Lazio, Lombardia e Puglia, mentre i modelli più ricercati sono Nissan Qashqai, Kia Sportage e Range Rover.

Sono queste le principali evidenze che emergono dal Dossier “L’evoluzione dei furti d’auto: emergenza SUV”, elaborato da LoJack Italia, la società americana parte del colosso della telematica CalAmp e leader nel rilevamento e recupero di beni rubati.

Categoria: Auto e SUV e Van Anno 2017 | Dati Nazionali forniti dall’ufficio Relazioni Esterne del Ministero dell’Interno

Negli ultimi anni si è registrata una lenta e graduale contrazione dei furti di auto (scesi nel 2017 sotto la soglia dei 100mila), a fronte di una più significativa riduzione dei tassi di recupero ‘spontanei’ ovvero di vetture non dotate di dispositivi LoJack, passati dal 53% del 2007 al 40% dello scorso anno (era il 44% nel 2016).

Da una parte, quindi si riducono le possibilità di restare vittima di furti, dall’altra una volta avvenuta la sottrazione, in 6 casi su 10 del veicolo si perdono le tracce: ogni giorno vengono rubate 274 vetture e di queste ben 164 non fanno ritorno al legittimo proprietario.

Da alcuni anni è in corso un’evoluzione del fenomeno, le cui dinamiche sono diverse. Malgrado gli sforzi delle Forze dell’Ordine nel contrasto del business internazionale dei furti, cresce l’interesse delle organizzazioni criminali per specifiche categorie di veicoli, come le utilitarie più vendute sul mercato (nell’ordine Panda, Punto, 500) e i SUV.

Le prime vengono rubate per alimentare il redditizio mercato dei pezzi di ricambio, mentre i secondi, i SUV, vengono sottratti su commissione e spesso ne vengono contraffatti telaio, documenti e targa; infine va considerata la transizione, ormai avvenuta, dei protagonisti di questi reati, da sporadici e “artigianali” criminali occasionali che si servivano di utensili ad hoc per potare a termine il proprio “lavoro”, a bande strutturate e organizzate che sempre più spesso si avvalgono di dispositivi hi-tech che consentono di violare il veicolo e metterlo in moto in pochi secondi, senza danneggiarlo.

Come accennato, nel 2017 a fronte del calo del numero dei furti di auto (-7,6%, da 108.000 a 99.987), si è confermato in costante crescita un business che ormai da 3-4 anni non dà tregua agli automobilisti, quello delle sottrazioni dei SUV: lo scorso anno si sono verificati ben 4.623 episodi, un aumento dell’8,2% rispetto al 2016. A rendere ancora più allarmante il dato, la percentuale di recupero ‘spontaneo’ ferma al 31% e inferiore di quasi 10 punti percentuali rispetto a quella delle autovetture.

Di 7 SUV su 10 rubati si perdono definitivamente le tracce.

L’interesse crescente nei confronti di questi veicoli, che conservano mediamente un valore economico più elevato (oltre i 20.000 euro) rispetto alle autovetture, evidenzia lo sviluppo verso segmenti più profittevoli e verso sottrazioni su commissione destinate a mercati dell’area balcanica, come Serbia, Albania e Slovenia oppure verso l’Africa, l’estremo Oriente o il Brasile. E il trend è destinato a crescere ulteriormente, di pari passo con la maggiore diffusione di questi veicoli sul mercato.

Ma quali sono i modelli preferiti dai ladri?

Nel 2017 il primato indiscusso è stato conquistato dal Nissan Qashqai (656 unità rubate), che ha scavalcato il Range Rover Sport (399), primo nel 2016 e ora terzo, preceduto anche dal Kia Sportage (429). Seguono Rang Rover Evoque, Hyundai Tucson e Mercedes ML.

La geografia delle aree più colpite cambia leggermente rispetto a quella osservata per i furti di autoveicoli che vedono la Campania principale area a bollino rosso, seguita da Lazio (unica regione tra quelle “di testa” a mostrare un trend in crescita per i furti in genere), Puglia e Lombardia.

Le Regioni più a rischio per gli Sport Utility Vehicle restano le stesse, ma muta l’ordine, con il Lazio che detiene il primato con 1.210 furti di questi veicoli (+17% vs il 2016), la Lombardia al secondo posto con 813 episodi (-8,7%), poi Puglia (790 e +11%) e Campania, 656 casi e un vero e proprio exploit rispetto a due anni fa (+43%).

Si tratta di una tendenza da monitorare con grande attenzione nei prossimi anni e che vive anche di dati contraddittori a livello nazionale: se in Lombardia, infatti, lo scorso anno il numero dei recuperi è diminuito di quasi il 9%, il Lazio, pur vedendo aumentare di circa il 40% i ritrovamenti in dodici mesi, resta ancorato alla percentuale più bassa (22%) tra le Regioni che vantano, si fa per dire, un numero significativo di casi.

La trasformazione del fenomeno furti e del target di veicoli colpiti procede di pari passo con il progresso di tecniche e strumenti utilizzati dai ladri per appropriarsi del bene.

Le pratiche tradizionali (rottura del finestrino, forzatura della serratura di portiere o bagagliaio, furto delle chiavi in ristoranti e appartamenti) resistono, ma stanno gradualmente cedendo il passo anche nel nostro Paese a nuove modalità hi-tech, fino a qualche anno fa osservate solo in mercati automotive più maturi nei quali gran parte del parco circolante ha già accolto a bordo avanzati dispositivi tecnologici.

Oggi in Italia quasi il 25% dei furti di SUV viene compiuto anche grazie all’utilizzo di un dispositivo tecnologico, in grado di beffare il proprietario della vettura anche quando ritiene di essere al sicuro. Due sono le tecniche più utilizzate nel nostro Paese: il sistema di riprogrammazione della chiave e il cosiddetto “relay attack”.

Il primo si serve della connessione alle porte OBD (diagnostica a bordo) del veicolo e consente al ladro, entrato nell’abitacolo e dotato di un’apposita apparecchiatura, di accedere all’unità di controllo elettronico che contiene le informazioni riservate del transponder e di ottenere facilmente una nuova chiave in meno di un minuto e in alcuni casi anche in meno di 15 secondi.  Si tratta di una soluzione utilizzata sia sui veicoli che hanno una funzione di smart start, sia su quelli privi di antifurti meccanici tradizionali.

Il relay attack non prevede il contatto fisico con la vettura, ma l’uso di due ripetitori in radiofrequenza, che consentono di far “rimbalzare” la comunicazione tra l’auto e la sua chiave anche quando questa è a distanza. In questo modo il veicolo viene di fatto “ingannato”, facendo risultare la presenza della chiave per la normale procedura di autenticazione, quando in realtà essa è fuori portata e rilevando il segnale anche attraverso le mura dell’abitazione. Il sistema sfrutta le debolezze dei software delle case costruttrici e può essere applicato alla maggioranza dei veicoli dotati di smart key. Questo metodo è già molto diffuso in Europa e in via di sviluppo in Italia.

Infine, una menzione meritano i dispositivi più tradizionali nel panorama hi-tech, ovvero i device in grado di disturbare il segnale di chiusura del veicolo che lasciano allontanare il proprietario con la convinzione di aver chiuso la vettura, consentendo l’accesso indisturbato al ladro.

Un fenomeno che si è consolidato negli ultimi anni, parallelo al più ampio business dei furti, riguarda le sottrazioni parziali, in particolare dei navigatori satellitari, cioè dei dispositivi multifunzionali integrati nelle plance dei veicoli.

Questo nuovo “commercio” è in rapida ascesa e nel solo mondo del noleggio auto, secondo l’Associazione di categoria ANIASA, conta quasi 2.000 casi per un danno complessivo annuo di circa 10 mln di euro a danno dei noleggiatori.  Per il ripristino delle singole vetture, infatti, il costo può variare da 1.700 euro per le utilitarie a oltre 15.000 euro per le premium. I navigatori non sono gli unici elementi ad attrarre le bande criminali che oggi prendono di mira anche pneumatici, attuatori della frizione (delle Smart), volanti multifunzione, fari a led e le costose batterie delle vetture ibride. Tutti elementi asportabili in meno di un minuto e destinati ad alimentare il redditizio mercato nero dei pezzi di ricambio.

Altra dinamica emergente e oggi in fase di osservazione riguarda le frodi connesse a “finte sottrazioni di veicoli” denunciate sul territorio partenopeo. Negli ultimi mesi a Napoli in totale controtendenza con i dati nazionali e anche con quelli locali, alcune compagnie assicurative hanno rilevato un netto aumento dei furti di veicoli assicurati con un valore medio che si aggira intorno ai 10.000 euro. Dietro questo improvviso boom, potrebbe esserci una frode messa in atto da una banda criminale per cui i proprietari del veicolo, coinvolti nella truffa, cannibalizzano la propria auto, estraendo tutti i pezzi di ricambio rivendibili, per poi farla sparire e intascare i soldi dell’assicurazione oltre ai proventi della vendita delle componenti.

La facilità di apertura e accensione di una vettura, insieme all’utilizzo sempre più frequente di dispositivi hi-tech (tra cui, anche i jammer) per ricercare, disturbare e sabotare i sistemi telematici di protezione del veicolo (sono oltre 6 milioni le scatole nere a bordo del parco auto nazionale), rendono sempre più ardua la sfida di tutelare efficacemente il proprio veicolo. Analizzando i dati relativi agli Sport Utility Vehicle, il boom dei furti e il forte calo dei recuperi, pur essendo molti di questi veicoli dotati di dispositivi embedded o successivamente installati, palesano la capacità delle organizzazioni criminali di evolversi e rispondere alle nuove tecnologie.