I danni da tackle non sono risarcibili. Lo spiega la Cassazione, nella sentenza 11270/2018, che curato un caso particolare di ambito sportivo.
In un’amichevole di calcio un uomo è entrato in scivolata sull’avversario, «colpendo da dietro le gambe del giocatore e procurandogli lesioni personali con esiti invalidanti di natura permanente». L’uomo adì le vie legali nel 2015 ma la Corte territoriale lo respinse ritenendo che «l’azione fallosa non era stata caratterizzata dalla volontà di ledere, né, se pure violativa delle regole del gioco, poteva ritenersi sproporzionata rispetto al contesto o assolutamente abnorme rispetto alla finalità del gioco stesso». I porporati, esaminando la vicenda, hanno respinto il ricorso dell’infortunato.

Questo perché «la responsabilità non sussiste se le lesioni siano la conseguenza di un atto posto in essere senza la volontà di ledere e senza la violazione delle regole dell’attività, spiegano i porporati, e non sussiste neppure se, pur in presenza di violazione delle regole proprie dell’attività sportiva specificamente svolta, l’atto sia a questa funzionalmente connesso. In entrambi i casi tuttavia il nesso funzionale con l’attività sportiva non è idoneo a escludere la responsabilità tutte le volte che venga impiegato un grado di violenza o irruenza incompatibile con le caratteristiche dello sport praticato, ovvero col contesto ambientale nel quale l’attività sportiva si svolge in concreto o con la qualità delle persone che vi partecipano».
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