Il prossimo 24 agosto sarà passato un anno dalla prima forte scossa di terremoto che ha sconvolto l’Italia centrale. Ma già in questi giorni si rincorrono le polemiche sui veri o presunti ritardi relativi agli interventi di ricostruzione. In realtà, nessuno può negare il grande sforzo comune che si è fatto per garantire soccorsi e aiuti dopo l’evento. Pur tut-tavia, come ha detto il presidente dell’Ania, Bianca Farina, nella relazione annuale dello scorso 5 luglio, «a fronte della
grande solidarietà che è scattata in tale occasione, abbiamo la responsabilità di fare di più per prevenire e mitigare rischi di questo tipo».
Il governo con il piano «Casa Italia» si è impegnato a garantire una ricostruzione efficace e il monitoraggio rigoroso del rispetto dei criteri antisismici. Guardando
peraltro il fenomeno in una prospettiva più generale, c’è da dire che il nostro sistema, così come si è sviluppato negli anni, prevede un intervento sostanzialmente a piè di lista da parte dello Stato attraverso la fiscalità generale. Molti sostengono che ciò corrisponde a un obbligo non derogabile del «welfare state», dello Stato
Sociale. È vero, ma è altrettanto vero che i crescenti vincoli di Bilancio rendono questo tipo di intervento sempre più difficilmente attuabile (il costo medio nell’ultimo quarantennio è stato di oltre 3 miliardi di euro annui). Da qui la necessità di individuare forme innovative che non gravino, in tutto o in parte, sulla finanza pubblica ma che consentano ugualmente di far fronte agli obblighi dello Stato Sociale.
In questo quadro il ricorso al sistema assicurativo attraverso polizze per la copertura di danni catastrofali appare una delle strade più effi cacemente percorribili. In Italia però non si è mai sviluppato un mercato assicurativo importante in questo settore e le polizze che vengono proposte per le molte zone a rischio del territorio nazionale sono tuttora molto costose. L’ Ania ha proposto una sorta di sistema misto in cui lo Stato copre una parte del danno mentre la parte restante sarebbe sostenuta da polizze private obbligatorie sottoscritte dai proprietari di case. Sull’obbligatorietà (pagare tutti per pagare meno) il dibattito, a livello politico, è da tempo
aperto nel nostro Paese: chi è contrario sostiene (con buone ragioni, peraltro) che finirebbe per essere considerata, di fatto, una ulteriore tassazione sulla casa.
Il modello semi-obbligatorio funziona efficacemente già da tempo in molti Paesi europei e non: in Francia prevede la copertura obbligatoria del rischio da catastrofi quando si sottoscrive volontariamente una polizza per danni con qualsiasi compagnia privata. Si paga una quota fissa pari al 12% della polizza per danni e la polizza copre l’immobile contro rischi da alluvioni, terremoti ecc.; ad oggi il 90% degli immobili francesi è assicurato. Da noi, dove circa un terzo della popolazione (21,8 milioni di persone) è esposta ad elevato rischio sismico, meno dell’1% delle abitazioni è coperto da una assicurazione privata contro i danni da terremoto.
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