Pagina a cura di Vincenzo Dragani

Una volta escavato, il suolo contenente sostanze pericolose oltre le soglie previste dalla disciplina «Seveso» fa scattare per l’azienda che lo gestisce gli obblighi previsti dalla severa normativa sul controllo degli incidenti industriali rilevanti. È uno dei chiarimenti contenuti nel documento «Questions & Answers – Directive 2012/18/Ec – Seveso III», elaborato dall’Ue e diffuso, in italiano, dall’Ispra (l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale). Il documento raccoglie le risposte ai quesiti di più ampio respiro posti dagli Stati membri all’Ue sull’applicazione delle norme previste dalla citata direttiva, che impone l’adozione di precise misure preventive e protettive ogni qual volta in uno stabilimento industriale il livello di sostanze pericolose superi determinati quantitativi.

Suolo contaminato e disciplina «Seveso». Tra le Faq Ue trovano collocazione alcuni chiarimenti sul rapporto tra la nuova disciplina «Seveso» (trasposta sul piano nazionale con il Dlgs 105/2015) e la gestione dei rifiuti, con particolar riferimento al suolo contaminato. Nel documento l’Ue precisa, infatti, come il suolo contaminato «conservato o trattato in un sito» dovrebbe essere trattato sulla base delle sue proprietà come una «miscela». E ai sensi della disciplina «Seveso», lo ricordiamo, una miscela è una soluzione composta da due o più sostanze (pericolose). Secondo la stessa Ue resta invece fuori dalle stringenti regole ex direttiva 2012/18/Ue il suolo contaminato che «fa parte del terreno» dello stabilimento. Alla base delle risposte, l’Ue pone la Nota 5 dell’Allegato I alla direttiva in parola, secondo il cui tenore: «Le sostanze pericolose che non sono comprese nel regolamento (Ce) n. 1272/2008 (l’atto Ue in base al quale le stesse, ai fini Seveso, devono essere classificate), compresi i rifiuti, ma che si trovano o possono trovarsi in uno stabilimento e che presentano o possono presentare, nelle condizioni esistenti in detto stabilimento, proprietà analoghe per quanto riguarda la possibilità di incidenti rilevanti, sono provvisoriamente assimilate alla categoria o alla sostanza pericolosa specificata più simile che ricade nell’ambito di applicazione della presente direttiva». Precisa ancora l’Ue nella risposta che se la classificazione delle sostanze contenute nelle terre non può essere effettuata ricorrendo al citato regolamento (Ce) n. 1272/2008 è lecito utilizzare altre rilevanti fonti di informazione, come quelle «relative all’origine dei rifiuti, l’esperienza pratica, le prove effettuate, la classificazione per il trasporto o la classificazione secondo la legislazione europea sui rifiuti». Sulla differente collocazione concettuale (ai fini «Seveso») tra suolo escavato e non escavato, l’Ue appare porsi in linea con quanto (ai fini, però, della gestione dei rifiuti) è previsto dalla diversa direttiva 2008/98/Ce (come recepita mediante il Dlgs 152/2006, cd. Codice ambientale) in base alla quale: sono a monte esclusi dalla disciplina sui rifiuti il terreno e il suolo non escavato, anche se contaminato (fermi restando gli obblighi di bonifica), il suolo non contaminato e altro materiale allo stato naturale escavato nel corso di attività di costruzione riutilizzato pedissequamente in situ; può invece essere rifiuto, sottoprodotto o materiale «end of waste» il suolo escavato non contaminato e altro materiale allo stato naturale utilizzati fuori sito di provenienza; sono rifiuti le terre escavate e contaminate. Sulla scia dei chiarimenti Ue appare dunque ancor più evidente la peculiare valutazione che anche le imprese le quali trattano suolo contaminato devono effettuare in relazione agli inquinanti connessi ai residui gestiti: la nota 5 dell’Allegato I alla direttiva 2012/18/Ue impone infatti agli operatori di considerare non solo le sostanze (e rifiuti) che sicuramente già si trovano in loco e che presentano proprietà significative in relazione alla possibilità di incidenti rilevanti, ma anche quelle che potrebbero essere presenti e potrebbero, di conseguenza, avere dette proprietà di pericolo.

Soggetti obbligati alla «Seveso». Obbligati agli adempimenti «Seveso», lo ricordiamo, sono tutti gli stabilimenti in cui sono/possono essere presenti le sostanze pericolose elencate dall’Allegato I al Dlgs 105/2015 in quantità pari o superiore alle soglie dallo stesso stabilite.

Gli adempimenti di carattere generale coincidono con: l’adozione di misure sia preventive di incidenti rilevanti che limitative degli effetti di quelli verificatisi; la dimostrazione alle Autorità pubbliche della predisposizione dei relativi protocolli e mezzi di sicurezza. Gli adempimenti specifici variano invece in base al rischio connesso alle installazioni, laddove si distingue tra: stabilimenti «di soglia inferiore» (tenuti alla notifica alle Autorità pubbliche delle informazioni su impianti e sostanze pericolose detenute, redazione, conservazione e comunicazione del documento di politica di prevenzione) e stabilimenti «di soglia superiore» (obbligati anche a rapporto di sicurezza e piano di emergenza interno).

Le nuove regole sulle terre da scavo. Lo stretto rapporto tra disciplina «Seveso» e gestione del suolo contaminato escavato interesserà gli operatori di settore anche alla luce della nuova normativa nazionale sulle terre e rocce da scavo in corso di pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale. Nel rispetto delle più generali norme del Codice ambientale, il nuovo e atteso decreto (licenziato dal governo il 19/5/2017) detterà una più organica e snella disciplina di dettaglio per la gestione delle terre e rocce da scavo, ma sempre e unicamente per quanto riguarda la loro gestione (anche in considerazione delle sostanze contenute) come sottoprodotti, non rifiuti e rifiuti. E questo, dunque, lasciando fuori dal suo campo di applicazione gli aspetti attinenti al rischio di incidenti industriali connessi alla presenza delle stesse sostanze, per i quali continuerà a doversi far riferimento al citato Dlgs 105/2015 (cd. «Seveso III»).

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