A chi non vuole o non è in grado di sopportare gli oneri della ricongiunzione, molto spesso di importo rilevante, l’altra possibilità per sommare gli spezzoni contributivi è la totalizzazione (dlgs n. 42/2006). In pratica, consiste nella possibilità di sommare, ai fini del raggiungimento dei requisiti per il diritto a una pensione, i periodi contributivi, esistenti presso due o più enti di previdenza, in modo da poter conseguire quote di pensione, proporzionali ai contributi stessi, a carico delle gestioni presso cui si trovano i contributi. Con la totalizzazione, dunque, non si trasferiscono i contributi da un ente all’altro, come con la ricongiunzione, ma la somma è virtuale. La totalizzazione, gemella del cumulo contributivo, si distingue da quest’ultimo per il fatto di includere anche il fondo clero. Può essere utilizzata da tutti i lavoratori dipendenti, autonomi e professionisti ed è completamente gratuita. Con questa via è possibile ottenere, nel 2017 e 2018:

la pensione di vecchiaia a 65 anni e 7 mesi, senza differenza tra uomini e donne,
la pensione di anzianità con 40 anni e 7 mesi di contributi,
la pensione di inabilità e la pensione indiretta ai superstiti.
Attenzione; per conseguire la pensione occorre, poi, attendere la c.d. «finestra mobile» che per la pensione di vecchiaia si apre dal 19° mese successivo a quello di maturazione del diritto a pensione e per quella di anzianità dal 22° mese successivo.

Vale la pena evidenziare che la totalizzazione è possibile anche nel caso in cui si raggiungano i requisiti minimi per il diritto alla pensione in uno dei fondi presso interessati, a patto però che il richiedente la totalizzazione non sia già titolare di autonomo trattamento pensionistico. Infine, la totalizzazione deve riguardare tutti e per intero i periodi assicurativi. Non è, quindi, possibile la totalizzazione parziale sia per quanto riguarda le gestioni sia per quanto riguarda i periodi contributivi di una singola gestione.
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