di Elisabetta Rovis
«Nel 2016 le pensioni pagate all’estero dall’Inps sono 373.265, per un importo complessivo di poco superiore a un miliardo». Lo ha detto il presidente dell’Inps, Tito Boeri, durante un’audizione al Comitato permanente sugli italiani nel mondo presso la Commissione Esteri della Camera. «Più di un terzo delle pensioni pagate a giugno 2017 hanno periodi di contribuzione molto brevi, sotto i tre anni», ha precisato Boeri, «il 70% ha una contribuzione in Italia inferiore ai sei anni e l’83% ha una contribuzione inferiore ai 10 anni. Si tratta di durate contributive molto basse, a fronte di cui i beneficiari possono accedere a prestazioni assistenziali come l’integrazione al minimo o la quattordicesima. C’è uno iato tra la quantità dei contributi e la possibilità di accedere alle prestazioni». Il presidente dell’Inps ha sottolineato che «malgrado i limiti posti dalla normativa nazionale e internazionale, sono annualmente erogate a soggetti che si trovano all’estero integrazioni al trattamento minimo e maggiorazioni sociali che sono un’uscita per lo Stato italiano e che non rientrano nell’economia del nostro Paese sotto forma di consumi».

«C’è l’anomalia del fatto che eroghiamo delle prestazioni assistenziali, tipicamente concesse sulla base del principio di residenza, a persone che risiedono all’estero quando non c’è una soluzione di reciprocità: per esempio all’interno della Ue queste prestazioni assistenziali non vengono erogate», ha aggiunto ancora Boeri. «Un altro dato», ha proseguito, «è che questo fenomeno è ulteriormente aumentato nel 2017 a seguito degli interventi sulla quattordicesima: la spesa della quattordicesima per le persone all’estero è più che raddoppiata, passando da 15 a 36 milioni» e la platea dei beneficiari che ricevono la quattordicesima «è aumentata del 131%». «I titolari di tali trattamenti all’estero», ha sottolineato, «non contribuiscono in nessun modo alla spesa pubblica del Paese, perché non sono soggetti alla tassazione in Italia, né diretta né indiretta». La maggior parte dei beneficiari, ha spiegato Boeri, «si trova in Europa e in America, in grandissima parte in Paesi che hanno sistemi di assistenza sociale che hanno una copertura universale e un accesso condizionato al reddito delle persone. Quello che accade è che le prestazioni assistenziali che concediamo vanno a ridurre gli oneri per la spesa sociale di questi altri Paesi, che devono versare meno risorse: è come se l’Italia facesse un trasferimento ad altri Paesi». (riproduzione riservata)

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