di James Mackintosh
Quando il fast money incontra attività illiquide, va a finire male. Dopo la corsa ai ritiri, sette fondi immobiliari britannici hanno comunicato ai clienti che per ora non potranno avere indietro il loro denaro, dando origine a un ovvio confronto con il 2007. Allora il primo segnale era stata la chiusura dei prelievi da due hedge fund di Bear Stearns nella primavera del 2007. La crisi scoppiò effettivamente quell’estate, quando Bnp Paribas bloccò i ritiri da uno dei fondi comuni monetari, prima che avesse inizio la corsa agli sportelli di Northern Rock un mese più tardi.

Il congelamento invia un cattivo messaggio sul mercato del mattone sottostante e può creare problemi allo stesso. Tuttavia, dagli immobili commerciali in Gran Bretagna non arrivano segnali di espolsione di una nuova crisi in stile subprime.
L’ostacolo fondamentale è la mancanza di liquidità. I fondi inglesi hanno agito un po’ come banche: gli investitori potevano incassare le partecipazioni in qualsiasi giornata, anche se le strutture sottostanti impiegano mesi a vendere. Proprio come con gli hedge fund o i fondi del mercato monetario di Bnp , questo costituisce un incentivo a richiedere subito il tuo denaro in presenza di una moltitudine di prelievi per evitare di ritrovarsi con l’asset meno attraente e più difficile da vendere. Infatti alcuni degli asset difficili da vendere degli hedge fund annientati nel 2008 sono ancora parcheggiati nei portafogli degli investitori. Tra i meno interessanti? Un condominio non ultimato in Crimea. George Nianias, fondatore di Denholm Hall, il fondo congelato che ne detiene la proprietà, si dice fiducioso che il turismo russo verso la penisola abbia fatto passare la proprietà da invendibile a «una questione di prezzo».

I grandi fondi immobiliari della Gran Bretagna possiedono centri commerciali, parchi scientifici e uffici lontani dalle zone di guerra e le sospensioni dovrebbero durare mesi, non anni. Tuttavia, il messaggio è effettivamente cupo. Stando a Morningstar, quest’anno i prezzi hanno registrato una flessione e già da cinque mesi i fondi comuni immobiliari subiscono riscatti. E tutto ciò prima del voto sulla Brexit.

I prezzi degli immobili commerciali possono subire un’ulteriore pressione ora, in quanto i fondi sospendono i rimborsi e vendono le proprietà per fare cassa e finanziare i pagamenti. Inoltre, il contagio verso altri fondi comuni attivi nel real estate è una possibilità in funzione del fatto che gli investitori cercano di uscire prima che vengano chiusi, anche se Legal & General, che gestisce il terzo dei fondi in questione, ha anticipato che lo manterrà aperto.
Piccolezze. Il vero pericolo sarebbe l’infezione di altri asset, poiché gli investitori che necessitano contanti si trovano a dovere vendere altro. Questo era un problema serio già nel 2008. Ma il denaro dei privati stanziato nei fondi immobiliari focalizzati su proprietà commerciali è troppo poco per avere un impatto di sistema. Stando alla Banca d’Inghilterra, i fondi immobiliari aperti contano 35 miliardi di sterline, ma rappresentano solo il 7% del mercato immobiliare commerciale britannico.

Se gli investitori perdono fiducia nei fondi comuni di investimento, l’epidemia potrebbe essere ci natura psicologica. Tuttavia, questo accade a ogni ciclo dei fondi immobiliari aperti. È pertanto prevedibile che Morningstar li escluda dal proprio rating e Hargreaves Lansdown si rifiuti di raccomandarli. Le autorità competenti esigono la definizione di avvertenze chiare ed evidenti all’interno dei documenti del fondo riguardo la natura illiquida della proprietà, ma come dice Mark Dampier, direttore della ricerca presso Hargreaves Lansdown, «i clienti non vanno mai a leggere queste cose».
Solo perché è improbabile che l’ultimo congelamento possa indurre un tracollo finanziario non significa che lo stop ai riscatti debba essere ignorato. La stessa problematica si sta infatti manifestando in settori abbastanza grandi da comportare un rischio per il sistema. Fondi comuni ed Etf promettono liquidità immediata investendo in obbligazioni societarie difficili da negoziare, bond spazzatura e persino prestiti bancari in quantità molto più consistenti. Il fast money non è fuggito da queste. Per ora.

traduzione di Giorgia Crespi
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