di Carlo Giuro
In un sistema previdenziale in perenne movimento come quello italiano, con un progressivo ridimensionamento delle prestazioni garantite dal sistema obbligatorio, diviene sempre più indispensabile aderire a forme pensionistiche complementari. L’obiettivo è, da un lato, quello di integrare il proprio gap previdenziale e, dall’altro, diversificare il rischio.
Quello che va metabolizzato però è che la previdenza complementare non deve tradursi nella semplice adesione a un prodotto ma deve rappresentare piuttosto un atteggiamento. Diventa infatti assolutamente centrale il processo di pianificazione previdenziale, come se si dovesse tracciare la rotta di un lungo viaggio che deve condurre dalla vita lavorativa alla pensione. Il primo passaggio logico è la comprensione di come possa essere definita la pianificazione.
E’ un metodo che, tramite l’esposizione e l’analisi di tutte le alternative disponibili di previdenza obbligatoria e complementare, si pone l’obiettivo di assistere nelle decisioni e nelle scelte di risparmio previdenziale il lavoratore spostando sempre più il processo dal piano emotivo a quello razionale. L’obiettivo della pianificazione previdenziale non è semplicemente il calcolare il tasso di sostituzione della previdenza pubblica (informazione senz’altro importante e oggi agevolata dalla busta arancione dell’Inps), ma analizzare attentamente il gap previdenziale, cioè quanto è il reddito necessario non coperto dalla pensione pubblica, e individuare la soluzione per colmarlo. Secondo l’accezione comune, il gap previdenziale viene visto come la differenza tra la prima rata di rendita di pensione e l’ultimo stipendio da lavoratore: quanto maggiore sarà il gap, tanto minore sarà il tenore di vita da pensionati rispetto a quello tenuto durante la fase attiva lavorativa. La prima domanda da porsi è allora, quali saranno i bisogni in pensione? Diventa importante anche il prefigurare lo stile di vita che si vorrà condurre. Da questo discende infatti l’entità del fabbisogno finanziario per mantenersi.
Considerando che i fondi pensione e i piani individuali pensionistici (pip) sono finanziariamente strutturati sul meccanismo della capitalizzazione va sottolineando che prima si comincia meglio è. Si pensi a tal proposito non solo alla deducibilità fiscale dei contributi entro il limite dei 5.164,57 euro annui, ma anche e soprattutto alla tassazione ridotta delle prestazioni nel lungo periodo (imposta sostitutiva del 15% che si riduce dello 0,30% per ogni anno di durata superiore al 15° con un minimo del 9%). Quale strumento utilizzare?
Occorre operare una differenziazione in base al tipo di professione; i dipendenti del settore privato, se aderiscono alle forme di previdenza collettiva di riferimento (fondo pensione negoziale o fondo pensione aperto ad adesione collettiva su base aziendale), acquisiscono anche il diritto alla corresponsione del contributo del datore di lavoro. Anche nel caso dei lavoratori dipendenti pubblici è opportuno aderire al proprio fondo pensione di comparto laddove disponibile (al momento sono operativi Espero e Perseo-Sirio). I dipendenti delle pubbliche amministrazioni a carattere locale delle regioni autonome Trentino Alto Adige e Valle d’Aosta possono poi aderire anche ai fondi territoriali rispettivi (Laborfonds e Fopadiva.) Per gli altri dipendenti dei comparti del pubblico impiego, sprovvisti al momento di fondi pensione di riferimento e per il personale cosiddetto non contrattualizzato (magistrati, prefetti, diplomatici, avvocati dello Stato, professori universitari) la soluzione è quella della adesione a strumenti di previdenza individuale (fondi pensione aperti, pip).
Nel caso in cui dovesse partire il fondo contrattuale si potrà eventualmente trasferivi la propria posizione individuale maturata. Dal canto loro professionisti ed autonomi possono accedere a soluzioni di previdenza individuale o, se previsti e valutandone bene la convenienza, a forme di previdenza collettiva (al momento è operativo il solo Fondo Sanità per le professioni sanitarie). Come scegliere la soluzione giusta? Analizzando con attenzione la struttura finanziaria del prodotto (ad esempio la presenza del life cycle, un meccanismo che sposta il portafoglio del fondo verso una minore esposizione alle azioni man mano che l’aderente si avvicina all’età della pensione), la varietà di rendite offerte, il livello dell’onerosità. Il fattore costo ha infatti una incidenza sensibile sulla prestazione di previdenza complementare. Particolarmente eloquenti a tal proposito le stime della Covip che rimarcano come, su periodi lunghi, differenze anche piccole nei costi producono effetti di rilievo sulla prestazione finale. (riproduzione riservata)
Anche il fondo dà la stima dell’assegno
Utile strumento per toccare con mano come potrebbe evolversi il proprio piano di previdenza integrativa è rappresentato da “La mia pensione complementare”, questo il nome del documento di simulazione che deve essere consegnato all’iscritto in fase di adesione al fondo pensione scelto. Al pari della busta arancione dell’Inps (che stima la pensione pubblica al momento dell’addio al lavoro) la sua funzione è quella di spiegare al sottoscrittore l’evoluzione prevista della posizione individuale e l’importo della prestazione attesa al momento del pensionamento. Va in ogni modo evidenziato che si tratta di un mero strumento di stima, fondato su ipotesi di calcolo che potrebbero non trovare conferma nel tempo. L’esemplificazione intende costituire un ausilio all’aderente per l’adozione o la modifica delle scelte relative al piano pensionistico (ad esempio il livello di contribuzione o il profilo di investimento). In tal modo si intende accrescere la consapevolezza dell’iscritto circa le conseguenze che le scelte operate possono determinare sulla prestazione finale attesa, contribuendo a favorire una maggiore attenzione in sede di adesione e nel corso del rapporto. E’ allora previsto che il documento venga predisposto fin dall’iscrizione e sia oggetto di aggiornamento periodico. La simulazione è effettuata nel rispetto delle istruzioni della Covip e considera alcune figure-tipo. In particolare l’età al momento dell’adesione è di 30, 40 e 50 anni, il contributo annuo considerato è 1.500, 2.500 e 5 mila euro e l’età di pensionamento è 67 anni. Il prospetto riporta il totale dei versamenti al termine della fase di accumulo, la corrispondente posizione individuale e il valore della prima rata annua di rendita calcolata con riferimento alle diverse figure-tipo. Le istruzioni Covip prevedono poi che l’elaborazione della stima deve essere compiuta per ciascun comparto. Il documento standardizzato avverte poi che è possibile effettuare simulazioni personalizzate mediante un motore di calcolo messo a disposizione sul web con l’indicazione del relativo sito. Ugualmente personalizzata è anche la versione di “La mia pensione complementare” inviata annualmente all’iscritto entro il 31 marzo insieme con le comunicazioni periodiche. (riproduzione riservata)
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