L’infortunio in itinere accaduto utilizzando il proprio mezzo di trasporto è indennizzabile dall’Inail solo se tale uso è effettivamente necessitato. Se, invece, l’utilizzo del proprio mezzo è motivato da ragioni di comodità personale, ciò non può far ricadere l’indennizzabilità sulla collettività. Così si è pronunciata la Corte di cassazione in sentenza 7 luglio 2016, n. 13950. La Corte d’appello aveva confermato la decisione del tribunale di rigetto della domanda proposta da un lavoratore nei confronti dell’Inail e intesa al riconoscimento di postumi invalidanti permanenti derivati dall’infortunio «in itinere» verificatosi mentre esso ricorrente si stava recando, con la propria autovettura, presso un comune limitrofo ove prestava propria attività lavorativa come lavoratore socialmente utile. Ad avviso della Corte territoriale l’uso del mezzo di trasporto privato non era necessitato stante la «esistenza del mezzo pubblico che regolarmente (ossia ogni giorno) collegava il luogo di lavoro con l’abitazione, sia all’andata, al mattino, che, al ritorno. Precisava la Corte che l’assunto sacrificio di tempo (l’orario di lavoro aveva inizio alle ore 8 del mattino e terminava alle ore 12) dovuto alla necessità di attendere alla fermata l’autobus, tanto all’andata che al ritorno, non solo era stato condotto in termini generici, non essendo specificato quali esigenze personali e familiari non possano essere soddisfatte per il maggior tempo impiegato nell’attesa», ma neppure erano state allegate circostanze di fatto tali da far ritenere «necessitato» l’uso del mezzo proprio costituendo il «risparmio di tempo» un «interesse personale del ricorrente che nulla ha a che fare con le esigenze di lavoro». In merito a tale decisione proponeva ricorso il lavoratore.

Ha premesso, la suprema Corte, che si è già avuto modo di chiarire in giurisprudenza che l’art. 12 del dlgs 38/2000, in materia di infortuni sul lavoro, ha espressamente ricompreso nell’assicurazione obbligatoria la fattispecie dell’infortunio «in itinere», inserendola nell’ambito della nozione di occasione di lavoro di cui al dpr 30 giugno 1965, n.1124, art. 2, indicando anche dei criteri normativi (come quelli di «interruzione o deviazione del tutto indipendenti da lavoro o comunque, non necessitate») che delimitano l’operatività della garanzia assicurativa. La norma, in sostanza, recependo i principi già affermati dalla giurisprudenza della stessa Corte, prevedendo, che «l’assicurazione opera anche nel caso di utilizzo del mezzo di trasporto privato, purché necessitato», richiede che tale uso sia effettivamente «necessitato», cioè funzionalizzato, in relazione alle circostanze di tempo e di luogo in cui avviene, a un corretto e puntuale adempimento dei compiti lavorativi». In particolare, è stato specificato che l’indennizzabilità dell’infortunio in itinere, subito dal lavoratore nel percorrere, con mezzo proprio, la distanza fra la sua abitazione e il luogo di lavoro, postulava: a) la sussistenza di un nesso eziologico tra il percorso seguito e l’evento, nel senso che tale percorso costituisca per l’infortunato quello normale per recarsi al lavoro e per tornare alla propria abitazione; b) la sussistenza di un nesso almeno occasionale tra itinerario seguito e attività lavorativa, nel senso che il primo non sia dal lavoratore percorso per ragioni personali o in orari non collegabili alla seconda; c) la necessità dell’uso del veicolo privato, adoperato dal lavoratore, per il collegamento tra abitazione e luogo di lavoro, considerati i suoi orari di lavoro e quelli dei pubblici servizi di trasporto.

L’uso del mezzo proprio, con l’assunzione degli ingenti rischi connessi alla circolazione stradale, deve essere valutato dunque con adeguato rigore, tenuto conto che il mezzo di trasporto pubblico costituisce lo strumento normale per la mobilità delle persone e comporta il grado minimo di esposizione al rischio di incidenti.

È stato, infine anche precisato che «in materia di indennizzabilità dell’infortunio «in itinere» occorso al lavoratore che utilizzi il mezzo di trasporto privato, non possono farsi rientrare nel rischio coperto dalle garanzie previste dalla normativa sugli infortuni sul lavoro situazioni che senza rivestire carattere di necessità, perché volte a conciliare in un’ottica di bilanciamento di interessi le esigenze del lavoro con quelle familiari proprie del lavoratore, rispondano, invece, ad aspettative che, seppure legittime per accreditare condotte di vita quotidiana improntate a maggiore comodità o a minori disagi, non assumono uno spessore sociale tale da giustificare un intervento a carattere solidaristico a carico della collettività» Tali principi fissati con riferimento alla disciplina anche antecedente alla entrata in vigore dell’art. 12 del dlgs n. 38 del 2000, ovviamente tuttora utilizzabili per verificare se l’utilizzo del mezzo proprio da parte del lavoratore sia necessitato, sono stati correttamente applicati dalla Corte d’appello sulla scorta di una valutazione di merito degli elementi emersi dall’istruttoria. Ne è conseguito il rigetto del ricorso.
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