Sul 2015 è -2,5%, ma rispetto al 2009 default su del 60%
di Luigi Chiarello

Calano ancora i fallimenti delle imprese italiane. Nei secondi tre mesi del 2016 le imprese che hanno portato i libri in Tribunale sono state in Italia 3.740 (-2,5% rispetto a un anno fa, quando i fallimenti hanno toccato quota 3.777). Da inizio anno sono fallite in totale 7.343 imprese; la media è di 58 chiusure al giorno.

Rispetto al 2014, annus horribilis delle procedure fallimentari, il calo è del 7,6%. Dunque, il secondo trimestre 2016 conferma il trend dei primi tre mesi dell’anno, consolidando l’inversione di tendenza rispetto agli ultimi anni, che hanno visto una forte crescita dei default, fino al picco raggiunto nel 2014. Tuttavia, il gap rispetto al 2009 resta ancora pesantemente negativo: rispetto a 7 anni fa i fallimenti sono cresciuti del 59,9%. A tastare il polso alle imprese è l’Analisi dei fallimenti in Italia, aggiornata a fine giugno 2016: a realizzarla è CRIBIS D&B, società del gruppo Crif specializzata nella business information.

La distribuzione sul territorio nazionale dei fallimenti, secondo la ricerca, è strettamente correlata alla densità di imprese attive nelle differenti aree del Paese. La Lombardia si conferma la regione d’Italia con il maggior numero di imprese fallite con 1.480 casi nel corso del 2016. La sua incidenza sul totale dei fallimenti italiani è del 20,2%, Di più: si contano 20.883 imprese lombarde fallite dal 2009 ad oggi. La seconda regione più colpita è il Lazio, con 866 imprese chiuse nel 2016 e un’incidenza sul totale Italia dell’11,8%. Segue il Veneto con 640 casi e incidenza dell’8,7% sul totale fallimenti italiani.

Analizzando i settori merceologici, invece, il commercio al dettaglio è il comparto più in crisi con 2.261 fallimenti nel 2016, in calo però del 4,8% rispetto ad un anno fa. Segue l’edilizia con 1.480 casi (-6% sullo stesso periodo del 2015); poi l’industria (1.469 casi, -0,5%). I servizi chiudono con 1.090 imprese fallite e un aumento del 3,9% dei casi sul 2015.
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