di Anna Messia
L’ultimo caso, esploso di recente, riguarda un gruppetto di agenti assicurativi di Toro (nel 2013 confluita in Generali Italia) che ha scelto di prendere in particolare il mandato della concorrente Vittoria Assicurazioni . Una decisione poco gradita a Trieste dove, alla fine, dopo mesi di riflessione, hanno stabilito di fare causa ai professionisti per concorrenza sleale. Ma i ricorsi delle compagnie di assicurazioni a propri agenti infedeli sono un fenomeno che si ripete da tempo nel settore. Da quando, a partire dal 2008, le lenzuolate dell’allora ministro dello Sviluppo economico, Pierluigi Bersani, hanno messo al bando le clausole di monomandato nelle reti degli agenti. Poi, nel 2012, si sono aggiunte anche le norme del governo di Mario Monti, che hanno dato la possibilità agli agenti di diverse compagnie di collaborare tra loro, scambiandosi di fatto il mandato per lavorare fianco a fianco.

Così, sempre più professionisti hanno iniziato a guardarsi intorno alla ricerca, magari, di prodotti di cui la propria compagnia non disponeva, o anche semplicemente per valutare le proposte della concorrenza, e alla fine magari, hanno deciso di cambiare casacca. Movimenti da sempre visti con diffidenza dalle assicurazioni, in particolare dalle più grandi, come Generali o anche Allianz , che sulla formazione e la preparazione delle reti di vendita, hanno sempre puntato importanti risorse e investimenti, e per le quali gli agenti rappresentano un asset fondamentale del proprio modello di business, a differenza di altre imprese che hanno da sempre puntato su agenti plurimandatari. Così le cause si sono succedute per anni, anche da parte di Allianz , arrivando in qualche caso a coinvolgere direttamente non solo gli agenti, ma anche le compagnie concorrenti, accusate di aver favorito la concorrenza sleale, e allargandosi anche ad aspetti penali. Come alcune di quelle avviate, sempre da Generali , contro un centinaio di agenti ex Ina Assitalia che, prima ancora che la compagnia confluisse in Generali Italia, avevano scelto di lavorare con altre assicurazioni presenti sul mercato, come Itas Mutua o ancora Vittoria Assicurazioni .

In quel caso, nel mirino dei ricorrenti era finito anche il software fornito da Ina Assitalia che, secondo Trieste, sarebbe stato utilizzato dagli agenti anche per lavorare con altre compagnie. In pratica i professionisti avrebbero beneficiato dei beni e dei servizi forniti da Generali anche per lavorare per conto dei concorrenti. Vicende legali complicate, finite in particolare davanti al tribunale di Venezia, e andate avanti per anni con alterne vittorie e sconfitte delle parti coinvolte, a seconda dei gradi di giudizio, e aperte ancora oggi. In casi come questi, del resto, non è facile stabilire da quale parte stia la ragione. Se il cliente, per semplificare, sia libero cioè di spostarsi liberamente nella nuova compagnia scelta dall’agente o se invece sia parte del portafoglio della compagnia, che magari l’impresa paga al professionista come indennità di fine rapporto. Questioni spinose, e finora il risultato è stato soprattutto quello di causare alle imprese enormi spese legali, senza arrivare a una conclusione univoca.

Così l’idea su cui si starebbe ragionando nel settore è arrivare a una posizione di mediazione, per definire per esempio delle regole di buona condotta, evitando in qualche modo le liti future e ove possibile, ricomponendo quelle già aperte da tempi. Un compito che le diverse compagnie avrebbero affidato al group ceo di Generali , Philippe Donnet, che è anche vicepresidente dell’Ania, l’associazione delle compagnie di assicurazione guidata da Maria Bianca Farina. L’intenzione sarebbe insomma quella di aprire un tavolo, al quale possano prendere parte giuristi esperti in materia, per trovare un punto di equilibrio su una questione che crea, ormai da anni, non poche situazioni di tensione tra gli operatori del settore assicurativo. (riproduzione riservata)
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