di Anna Messia
Critiche alla riforma Fornero, la rivendicazione di aver avuto la forza di mettere a punto le buste arancioni dopo 20 anni di attesa e la richiesta al governo di andare avanti sulla flessibilità in uscita, ma spiegando bene ai lavoratori le penalizzazioni. Sono questi i messaggi inviati ieri dal presidente dell’Inps, Tito Boeri, durante la presentazione alla Camera del Rapporto annuale dell’Istituto. Relazione da cui è emerso che la spesa pensionistica complessiva è aumentata nel 2015 di oltre 4 miliardi, passando da 268,8 a 173 miliardi. Mentre la quota di chi percepisce una pensione inferiore a 1.000 euro è scesa da 6,5 a 6 milioni, ma che resta comunque alta, pari al 38% (nel 2014 era il 40,35). Boeri si è detto favorevole a un intervento organico per superare le rigidità della riforma Fornero che ha creato forti disagi sociali tra i lavoratori di più di 55 anni e complicato l’ingresso dei giovani. Mentre le sette salvaguardie a favore degli esodati si sono rivelate «costose e inadeguate», erodendo fino a un sesto dei risparmi conseguiti nel 2001.

Il presidente dell’Inps ha auspicato che il confronto in atto fra governo e sindacati sulla flessibilità in uscita «non si concluda ancora una volta con interventi estemporanei e parziali». Il dialogo avviato è molto positivo ed effetti virtuosi potranno arrivare dall’anticipo pensionistico (Ape). Ma a costo di fare chiarezza per il lavoratore. In particolare è fondamentale assicurare che tutti coloro che potranno esercitare un’opzione di uscita siano in grado di capire fino in fondo le implicazioni delle loro decisioni.

Del resto «non si può negare che rate ventennali di ammortamento di un prestito pensionistico costituiscano una riduzione pressoché permanente della pensione futura», ha aggiunto Boeri che ha rivendicato la paternità della busta arancione, nonostante le critiche ricevute sulla precisione dei dati forniti. «Ci sono voluti 20 anni per informare i cittadini sulle implicazioni di quella riforma che dalla metà degli anni ‘90 ha cambiato radicalmente le regole del nostro sistema pensionistico col passaggio dal metodo retributivo al metodo contributivo, ha detto. «Si teme di dire la verità, un atteggiamento figlio di una visione profondamente illiberale dei compiti dell’operatore pubblico». Ma pochi sono stati i riferimenti di Boeri alla stabilità dei conti dell’istituto.

Il presidente ha però smorzato le polemiche ricordando che l’Inps opera per conto dello Stato e che le sue prestazioni verranno comunque erogate, perché garantite da leggi dello Stato. Troppo poco secondo la Cigl che il giorno prima, insieme alla Uil, aveva bocciato la nota di variazione del bilancio, approvata a maggioranza. «Ci saremmo aspettati, nel delicatissimo momento organizzativo, finanziario e anche giudiziario che sta attraversando l’istituto, puntuali indicazioni sui conti economici», hanno detto dalla Cgil. Secondo quanto emerso dal rapporto pubblicato ieri, nel 2015 l’istituto ha accertato entrate totali per 323 miliardi ed ha erogato prestazioni per 322 miliardi, con altri costi di 3 miliardi.

Quindi il disavanzo finanziario di parte corrente è stato di 2,1 miliardi, con il saldo di conto capitale positivo per 4,4 miliardi. Mentre la situazione patrimoniale rileva un peggioramento netto del patrimonio di circa 13 miliardi, da 18,4 a 5,4 miliardi. «Il temporaneo disavanzo dell’Inps è destinato ad essere riassorbito, mettendo definitivamente in sicurezza i conti della previdenza italiana», si legge ancora. Perché il sistema contributivo, introdotto nel 1996 e rafforzato nel 2011, «non ha ancora dispiegato i suoi effetti ed è previsto che possa andare a regime non prima del 2035». (riproduzione riservata)
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