di Anna Messia
Le imprese di assicurazione sono pronte a destinare una quota crescente delle risorse che gestiscono nell’economia reale, ma chiedono che gli investimenti di lungo periodo vengano incentivati e che ci sia un’offerta con rendimenti e garanzie adeguate. Anche Atlante 2 potrebbe essere sottoscritto dalle compagnie, come fatto del resto già con il primo fondo Atlante su cui gli assicuratori hanno investito poco meno di 700 milioni, ma a patto che «l’operazione avvenga a condizioni di mercato e ci siano garanzie sulla gestione», ha dichiarato il presidente dell’Ania, Maria Bianca Farina, spiegando però che, a oggi, non ci sono stati ancora contatti per la costituzione di un nuovo fondo per ridurre il peso nei non performing loan (npl) nelle banche del Paese. In ogni caso il settore assicurativo è pronto a sostenere il sistema economico italiano e la sua ripresa. Nella sua prima assemblea al vertice dell’associazione delle assicurazioni che operano in Italia, Farina ha sottolineato il peso crescente che le compagnie hanno già assunto negli anni nell’economia e nella società italiana. Se nel 2000 i premi raccolti dalle assicurazioni erano pari complessivamente al 6% del prodotto interno lordo, 15 anni dopo, nel 2015, il peso era arrivato al 9%, per un totale di 150 miliardi. E decisamente più sostenuto è stato lo sviluppo delle riserve del comparto, che sono passate dal 19% del pil nel 2000 al 40% dello scorso anno, ovvero circa 647 miliardi, con gli investimenti che sono arrivati a pesare per il 42% del prodotto interno lordo, cioè 692 miliardi.
Del resto il 14% del risparmio degli italiani è investito oggi in polizze vita, più del doppio rispetto a 15 anni fa. Risorse che le compagnie hanno indirizzato finora in larga parte ai titoli del debito pubblico italiano, che sono stati in grado di riconoscere rendimenti interessanti. Ma ora, con i tassi d’interesse rasoterra, bisogna trovare nuovi investimenti più interessanti dei titoli di Stato e la soluzione potrebbe arrivare da progetti infrastrutturali o ancora da nuove fonti di finanziamento a favore delle piccole e medie imprese. «Da sempre investiamo i risparmi e sosteniamo l’economia. Gli investimenti ammontano a 700 miliardi e 600 riguardano la copertura di riserve, di queste 280 miliardi sono in titoli di Stato italiani», ha spiegato Farina. «Nei prossimi anni, complice lo scenario dei tassi, si dovranno allocare in investimenti alternativi oggi contenuti ma che stanno crescendo». Una tendenza che potrebbe avere un duplice vantaggio: rendimenti per le compagnie e quota di risparmio verso l’economia reale italiana.
Ma il problema, oggi, sembra essere soprattutto nella carenza di offerta di strumenti in grado di attrarre gli interessi di investitori come le assicurazioni. «Sarebbe un peccato mortale se queste risorse finissero all’estero», ha sottolineato Farina. Un nodo che, al governo, sembrano avere chiaro in mente visto che ieri, il ministro dell’economia, Pier Carlo Padoan e quello dello Sviluppo economico, Carlo Calenda, intervenuti all’assemblea Ania, hanno fatto sapere di essersi messi al lavoro per «incoraggiare la costituzione di pacchetti e progetti nel settore infrastrutture», sul modello di quanto avvenuto con il piano Juncker, nel quale l’investitore pubblico interviene per la parte di rischio che i privati non sono in grado di assumersi. «Il governo lavorerà nell’ambito della legge di Stabilità per favorire il ruolo che le assicurazioni si dicono pronte ad assumere per il contributo allo sviluppo del Paese», ha annunciato Padoan.
Le assicurazioni sono poi pronte a dare un contributo alla sanità. «La spesa sanitaria privata nel 2015 ha superato 35 miliardi, sono 1.400 euro a famiglia, è una spesa privata importante e non sostenuta da strumenti di sanità integrativa ma pagata direttamente dalle persone» ha sottolineato Farina chiedendo che le coperture private abbiano gli stessi incentivi fiscali del welfare aziendale. «Serve un sistema che definisca gli ambiti di intervento e lasci ai cittadini la possibilità di accedere a strumenti di sanità integrativa», ha concluso Farina.
Il fronte aperto con il governo passa anche per il ddl concorrenza in discussione in questi giorni al Senato, che prevede novità importanti nell’Rc Auto. «Si rischia di avere un effetto opposto a quello di un aumento della concorrenza», ha detto Farina riferendosi all’ipotesi della creazione di una tariffa unica nazionale. Un rischio che sembra però evitato con il ministro Calenda che, riferendosi all’Rc Auto, ha sottolineato che occorre ricostruire un rapporto di fiducia tra assicurazioni e assicurati, aggiungendo che «il mercato è fatto di domanda e offerta e lo Stato non può imporre decisioni. (riproduzione riservata)
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