di Gloria Grigolon

Assicurazioni come «ponte» tra risparmio ed economia reale. Una proposta che potrebbe mettere in circolo quei 700 miliardi di euro in mano agli assicuratori, supportando il tessuto creditizio del paese. E se da un lato la precauzione è massima (le risorse sono infatti depositate come garanzia dal rischio), dall’altro la necessità di irrobustire il sistema finanziario italiano spinge a studiare un metodo d’impiego costruttivo delle stesse. È quanto spiegato dalla presidentessa dell’Associazione nazionale imprese assicurative (Ania), Maria Bianca Farina, che, in audizione ieri alla Camera, ha risposto alla domanda dell’onorevole Daniele Pesco (M5S), relativa alla possibilità di esercitare attività di «concessione del credito» da parte delle società assicurative. «Gli assicuratori non sono banchieri», ha esordito Farina, proseguendo: «Attualmente le operazioni di concessione crediti da parte delle assicurazioni viene effettuata dai soli gruppi con expertise bancaria». In un contesto in cui gli operatori del credito sono unicamente di natura bancaria, «cosa che solo in Italia accade», le problematiche di un’apertura al mercato sono fondamentalmente due: in primis, la necessità di «andarci con i piedi di piombo» di fronte a un contesto delicato per la stabilità e la garanzia del risparmio; in secondo luogo, la scarsità di strumenti che veicolino il credito in assenza di un vero e proprio mercato (esempio è quello fornito dalle obbligazioni corporate e dai minibonds, ritenuti tuttora investimenti marginali). L’unica strada ad ora percorribile, dunque, è «un approccio di tipo one to one». Alla luce di una «interdipendenza di sistema», in cui «se il settore bancario va a mare, tutto il resto segue», risulta necessario sviluppare nuove figure che assistano le assicurazioni nel veicolare le risorse disponibili, pari a circa «700 miliardi di euro di risparmio».
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