Tra le ipotesi circolate nei giorni scorsi per un salvataggio pubblico di Mps , in grado di ricapitalizzare la banca sfuggendo al bail-in, c’è stata quella di considerare il particolare status della banca senese. L’istituto aveva già ricevuto nel 2012 l’ok Ue agli aiuti di Stato (per i Tremonti-Monti bond), prima dell’inasprimento delle regole dell’agosto 2013: per questo motivo il Tesoro confiderebbe di ottenere oggi il via libera a un nuovo intervento per Mps , nel caso si rivelasse necessario dopo i risultati degli stress test del 29 luglio (in assenza di soluzioni private).

Il caso di Mps da questo punto di vista è simile a quello della banca tedesca Hsh Nordbank, che ha avuto l’ok definitivo di Bruxelles agli aiuti di Stato nel maggio 2016 (tre anni dopo la stretta delle norme): la landesbank non è stata tuttavia obbligata al burden sharing e al bail-in proprio perché la procedura era stata avviata prima dell’estate 2013 ed era basata sul rinnovo di garanzie già concesse in precedenza dallo Stato tedesco (Berlino ne aveva fornite per 10 miliardi nel 2009, poi nel 2011 le ha ridotte a 7 miliardi, ma nel maggio 2013 ha chiesto di poterle riportare a 10 miliardi). In teoria, quindi, uno sconto al bail-in potrebbe essere concesso non solo ad Hsh Nordbank, ma ad altre banche che avevano ottenuto aiuti di Stato prima dell’estate 2013, come appunto Mps : perciò il Tesoro potrebbe scegliere questa strada per la banca senese, visto che gli aiuti sarebbero in continuità con quelli ricevuti (e approvati dalla Ue) in passato. Si vedrà se sarà accolta questa linea.

Da Bruxelles sembra però ci sia chiusura su questo fronte. Nei giorni scorsi un portavoce della Commissione ha fatto riferimento a «precedenti» che si stanno considerando per affrontare un fabbisogno di capitale senza effetti avversi «per gli investitori retail». Si guarderebbe però soprattutto all’episodio delle banche greche, per le quali era emerso un deficit patrimoniale negli stress test: in quel caso gli azionisti erano stati diluiti e le obbligazioni subordinate erano state convertite in capitale. Il recente riferimento agli investitori retail fa pensare a forme di compensazione per alcuni bondholder, simili al risarcimento del governo agli investitori di Banca Marche, Carife, Etruria e Carichieti.

Nessuno di questi scenari, rischiosi per la stabilità sistemica, è stato vissuto in Germania. Berlino ha notificato con grande astuzia la richiesta sul ripristino delle garanzie di Hsh Nordbank nel maggio 2013, ottenendo l’ok Ue (peraltro provvisorio) un mese dopo: le regole sono poi cambiate nel luglio 2013. Le coincidenze temporali fanno pensare che ci sia stata una forte influenza della Germania sull’operato di Bruxelles. Così l’ultima banca tedesca in difficoltà è stata messa in sicurezza in tempo, senza coinvolgere investitori privati (come il fondo Jc Flowers, azionista di minoranza di Hsh, banca controllata da due Lander), e si è potuti passare a nuove regole più severe per gli altri Stati. La disciplina del 2013 (che ha introdotto il burden sharing) è stata varata unilateralmente dalla Commissione Ue, mentre la direttiva Brrd (che ha introdotto il bail-in) è stata definita nel 2014 da tutti gli Stati, incluso l’Italia. La lezione di Angela Merkel sulle regole («non si possono cambiare ogni due anni») è arrivata da chi conosce benissimo le norme bancarie, e le ha sfruttate mirando all’interesse nazionale. (riproduzione riservata)
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