Il percorso della previdenza complementare non si esaurisce nell’avere attivato una posizione individuale in un fondo pensione. È necessario da parte del lavoratore iscritto un controllo periodico durante la fase di contribuzione chiedendosi se sia il caso di spostarsi in un altro fondo pensione oppure, semplicemente, se sia meglio cambiare linea, ma restando all’interno dello stesso fondo inizialmente scelto.

Tutte queste decisioni vanno prese considerando che il sistema previdenziale italiano di primo pilastro è in continua evoluzione, che i mercati finanziari sono sempre più incerti e che le condizioni lavorative personali che avevano determinato le scelte iniziali possono cambiare nel corso degli anni. È di fondamentale importanza allora condurre un oculato controllo nel durante. Il punto di partenza è la verifica dei rendimenti ottenuti dal fondo pensione scelto che sono contenuti nel rendiconto annuale che per il 2014 è stato inviato nelle scorse settimane ai lavoratori. Una valutazione della gestione finanziaria del fondo pensione va fatta però tenendo anche in conto l’andamento dei mercati in generale e in che fase del ciclo economico ci si trova. È opportuno fare queste analisi su un orizzonte temporale non di breve periodo: l’ideale può essere un controllo effettuato ogni sei mesi basandosi su elementi di confronto che coprano però almeno tre anni di storia.

Con un’avvertenza: l’obiettivo del risparmio previdenziale deve essere quello di ridurre al minimo i rischi e di avere una crescita costante del capitale. Durante questo processo può anche essere presa in considerazione l’opportunità di operare eventuali switch, ovvero spostamenti da una linea all’altra dello stesso fondo pensione, con la necessaria premessa di dovere interpretare correttamente l’andamento dei mercati.

Questi sono gli switch che si potrebbero definire tattici. Vanno però programmati e previsti (con cadenza almeno quinquennale) anche switch per dir così a valenza strategica, che si pongano come obiettivo quello riequilibrare cioè la composizione del proprio investimento tra componenti azionarie e obbligazionarie riducendo le prime a vantaggio delle seconde al progredire dell’età anagrafica e avvicinandosi quindi l’età di pensionamento del lavoratore. La ricetta per proteggere efficacemente il proprio portafoglio previdenziale nel medio-lungo periodo è infatti diversificare. Ma come? La possibilità è duplice.

 

La prima via è quella della diversificazione in senso orizzontale, ripartendo cioè il proprio contributo o premio tra più linee. Potrebbe essere il caso per esempio, nella fattispecie dei lavoratori dipendenti, del versamento dei propri flussi di tfr in una linea con garanzia di conservazione del capitale con rendimento minimo garantito e del proprio contributo e di quello datoriale in una linea più aggressiva. Va poi sviluppata, in alternativa o in coabitazione con la dimensione orizzontale, la diversificazione in senso temporale, bilanciando l’esposizione azionaria in considerazione del periodo di potenziale adesione: in particolare la teoria suggerisce l’adozione del cosiddetto modello life cycle tipico di quelle linee che investono prevalentemente in equity ad inizio carriera per poi passare gradatamente ai bond al progredire dell’età anagrafica e lavorativa. In età prossima al pensionamento è opportuno inoltre approdare su lidi tranquilli di ordine monetario o con minimo garantito. L’obiettivo del life cycle è quello di liberare il risparmiatore dalla scelta del come e del quando cambiare linea, attenuando il peso dell’emotività.

Il percorso previdenziale richiede poi la necessità di un controllo periodico anche rispetto alla prevista età di pensionamento che le ultime riforme hanno fatto slittare sensibilmente in avanti e per ora il premier Renzi ha rinviato al 2018 ogni possibile ritocco al sistema previdenziale. (riproduzione riservata)