Mentre Schaeuble ribadisce che sarebbe meglio una Grexit e molti esponenti del governo tedesco la pensano come lui. Oggi il Parlamento ellenico vota i primi provvedimenti imposti dall’area euro

di Marcello Bussi  

 

Ormai siamo al tutti contro tutti. Ieri il Fondo monetario internazionale ha fatto filtrare alla stampa un report esplosivo, che boccia clamorosamente l’accordo raggiunto tra i leader di Eurolandia e Atene per un terzo programma di aiuti alla Grecia da 82-86 miliardi di euro. L’Fmi ha infatti ribadito la necessità di un taglio del debito di Atene da parte dei creditori europei. «Il drammatico deteriorarsi della sostenibilità del debito greco evidenzia la necessità di un suo taglio in misura ben maggiore di quanto considerato fino a oggi e di quanto proposto dal fondo Esm», si legge nel rapporto dell’Istituto di Washington di cui l’agenzia di stampa Reuters è entrata in possesso.

I governi europei dovrebbero concedere alla Grecia un periodo di grazia di 30 anni sul rimborso del debito, inclusi i nuovi prestiti, e un’ampia estensione delle scadenze. In alternativa potrebbero fare dei trasferimenti fiscali su base annua ad Atene o ancora accettare «profondi tagli al valore nominale» del debito, che nei prossimi due anni salirà, secondo l’Fmi, al 200% del pil. Qualche analista ha osservato che la valutazione del Fmi sulla necessità di alleggerire il debito ellenico rafforza il punto di vista del ministro delle Finanza tedesco, Wolfgang Schaeuble, secondo il quale un’uscita della Grecia dall’euro sarebbe la soluzione migliore. Proprio ieri Schaeuble ha ribadito la necessità di una Grexit, sottolineando che «ci sono molte persone nel governo tedesco che pensano che sia la soluzione migliore per la Grecia e per i greci». Una dichiarazione che potrebbe adombrare un contrasto con la cancelliera Angela Merkel e il conseguente messaggio che molti esponenti del governo stanno invece dalla parte del ministro delle Finanze. L’ipotesi di uno Schaeuble pronto a scalzare la Merkel non è certo fantapolitica. D’altronde, prima di essere gravemente ferito nell’attentato del 1990, che lo ha costretto su una sedia a rotelle, era Schaeuble il delfino dell’allora cancelliere Helmut Kohl. La Grecia, intanto, si sta preparando al voto odierno del Parlamento, che dovrà approvare le prime misure richieste dall’accordo con i leader della zona euro. Il via libera è scontato e le defezioni all’interno di Syriza, il partito del premier Alexis Tsipras, potrebbero essere inferiori al previsto. Un esponente del governo ieri ha fatto sapere che Tsipras non si dimetterà e ci sarà un rimpasto di governo «di vasta portata, che andrà oltre i due ministri che non hanno sostenuto le proposte» delle istituzioni creditrici sul piano di salvataggio. Tsipras «non considera etico e responsabile lasciare la sua posizione ora, dopo che il governo ha firmato l’accordo» con i creditori, ha aggiunto la fonte. È poi esclusa la formazione di un esecutivo di tecnocrati perché «i greci non vogliono persone non elette al potere». Se Tsipras appare saldo in sella, il suo ex ministro delle Finanze, Yanis Varoufakis, fa invece fuoco e fiamme, suscitando il sospetto che voglia preparare la rivincita nei confronti del premier. «Il recente Eurosummit non è nient’altro che il culmine di un colpo di Stato», ha proclamato Varoufakis sul suo blog, usando termini durissimi per descrivere l’accordo sul debito di Atene siglato nella notte tra domenica e lunedì scorso a Bruxelles. «Nel 1967», data del golpe dei colonnelli, «le potenze straniere usarono i carri armati per porre fine alla democrazia greca», nel 2015, invece, «hanno usato le banche». Il documento dell’Eurosummit, aggiunge Varoufakis, «è come una dichiarazione di resa» e «conferma che la Grecia si piega a divenire un vassallo dell’Eurogruppo». Secondo Varoufakis, la principale differenza con il 1967 è che, mentre all’epoca «le proprietà pubbliche non furono messe nel mirino, nel 2015 i poteri dietro il colpo di Stato hanno chiesto di devolvere tutte le attività pubbliche al servizio di un debito che non può essere pagato ed è insostenibile». Anche per questo, conclude l’ex ministro, «tutti gli europei, anche quelli cui non frega niente della Grecia, devono fare attenzione». I prossimi, insomma, siete voi. E il riferimento sembra diretto in particolare all’Italia, sul cui governo, due giorni fa, aveva usato parole di fuoco: non abbiamo provato a lavorare con i governi delle altre nazioni indebitate, aveva detto, perché «sin dall’inizio queste nazioni hanno fatto chiaramente capire che sarebbero stati i nemici più forti del nostro governo. Perché il loro più grande incubo era il nostro successo: se avessimo ottenuto un accordo migliore per la Grecia questo li avrebbe cancellati politicamente: avrebbero dovuto spiegare ai loro elettori perché non erano stati in grado di contrattare come noi». (riproduzione riservata)