La mappa della responsabilità penale per fatti commessi in rete e tramite la rete è molto ampia. Si va dalle molestie alla diffamazione, dalla falsità personale agli atti persecutori. Vediamo la casistica che si è sviluppata nelle aule di giustizia.

 

Molestie con i «post». Risponde del reato di molestie chi invia messaggi molesti, «postati» sulla pagina pubblica di Facebook: è un luogo virtuale, ma è aperto all’accesso di chiunque utilizzi la rete e quindi è un «luogo aperto al pubblico» (Cassazione penale Sezione I, 11.7.2014, n. 37596).

È conforme l’orientamento del Garante della privacy, il quale sostiene che i social network (definiti anche social media per enfatizzare il loro impatto non solo come reti sociali ma come veri e propri media auto-organizzati) sono «piazze virtuali», cioè dei luoghi in cui via internet ci si ritrova condividendo con altri fotografie, filmati, pensieri, indirizzi, amici e tanto altro.

I social network sono lo strumento di condivisione per eccellenza e rappresentano straordinarie forme di comunicazione, anche se comportano dei rischi per la sfera personale degli individui coinvolti

 

Atti persecutori a mezzo social. Si commette il reato di atti persecutori con il ripetuto invio alla persona offesa di telefonate, sms e messaggi di posta elettronica, anche tramite i social network e la divulgazione, attraverso questi ultimi, di filmati che ritraggono rapporti sessuali intrattenuti con la vittima, procurandole così uno stato d’animo di profondo disagio e paura in conseguenza delle vessazioni patite (Cassazione penale, Sezione VI, 16.7.2010, n. 32404).

 

Falso profilo. Chi crea un falso profilo associato all’altrui immagine associata ad un «nickname» di fantasia e a caratteristiche personali negative commette il reato di sostituzione di persona. (Cassazione penale, Sezione V, 23.4.2014, n. 25774)

Attenzione, dunque, ai falsi profili. Spiega il Garante della privacy che basta la foto, il nome e qualche informazione sulla vita di qualcuno per impadronirsi online della tua identità.

 

Pedopornografia. Commette il reato di pornografia minorile chi contatta minorenni, rivolgendo sotto falso nome una richiesta di amicizia su un social network, prospettando l’ingresso nel mondo dell’alta moda e offrendole denaro e capi di abbigliamento se avesse accettato di fare la modella, e chiedendo tramite webcam di spogliarsi e toccarsi le parti intime. (Cassazione penale, Sezione III, 5.3.2014, n. 21759).

 

Vittime sessuali e gogna digitale. Il reato di divulgazione delle generalità o dell’immagine di una persona offesa da atti di violenza sessuale (articolo 734-bis codice penale) consiste nel portare a conoscenza di un numero indeterminato di persone notizie riservate, con ogni modalità, anche mediante le nuove tecnologie (sit web, blog, social network, mailing list). La tutela copre tutti i casi in cui, non solo attraverso il volto, ma in qualunque altro modo (da un profilo, da un’immagine dal di dietro, da un vestito indossato) si possa risalire alla persona offesa (Cassazione penale, Sezione III, 12.12.2013, n. 2887)

 

Cyberstalking. Costituiscono atti persecutori le condotte di stalking vigilante (controllo sulla vita quotidiana della vittima), di stalking comunicativo (consistente in contatti per via epistolare o telefonica, sms, scritte su muri ed altri messaggi in luoghi frequentati dalla persona offesa) e di cyberstalking, costituito dall’uso di tutte quelle tecniche di intrusione molesta nella vita della vittima rese possibili dalle moderne tecnologie informatiche e, segnatamente, dai social network.

Al di là dello stalking, se si notano comportamenti anomali e fastidiosi su un social network, come un amico insultato e messo sotto pressione da individui o gruppi, il Garante della privacy consiglia di non aspettare e segnalare subito la situazione critica al gestore del servizio affinché possa intervenire immediatamente.

A tale scopo, alcuni social network rendono accessibile agli utenti, sulle pagine del proprio sito, un’apposita funzione (una sorta di pulsante «panic button») per chiedere l’intervento del gestore contro eventuali abusi o per chiedere la cancellazione di testi e immagini inappropriate.

In caso di violazioni, il problema va segnalato subito al Garante e alle altre autorità competenti. Se si è la vittima di commenti odiosi a sfondo sessuale, di cyberbullismo o di sexting, o se si subisce una violazione della privacy, non bisogna aspettare che la situazione degeneri ulteriormente.

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