Rimettere mano ai diritti acquisiti per garantire una pensione anche alle future generazioni. Fare in modo che sia messo a sistema una sorta di contributo di solidarietà tra chi percepisce la pensione calcolata con il metodo retributivo a favore di coloro che la percepiscono sulla base del metodo contributivo.

Affinché quest’ultimo funzioni, poi, è necessario anche rivedere le prospettive di lavoro delle nuove generazioni. Questo è quanto emerso nel corso della tavola rotonda «Un futuro a mezza pensione» che ha avuto luogo sabato 27 giugno mattina nell’ambito del Festival del lavoro di Palermo, la kermesse organizzata ogni anno dal Consiglio nazionale dell’Ordine dei consulenti del lavoro e dalla Fondazione studi. Nel corso dell’incontro è emerso come «per quanto il metodo contributivo sia da un punto di vista contabile ineccepibile, la sua applicazione pratica ha dato vita ad una serie di sperequazioni incredibili soprattutto a livello generazionale. E per fare sì che il sistema trovi un suo equilibrio finanziario senza andare a danneggiare eccessivamente i giovani», ha spiegato Vincenzo Silvestri, vicepresidente del Consiglio nazionale dell’ordine dei consulenti del lavoro, «è necessario operare una razionalizzazione del sistema andando ad operare dei tagli soprattutto là dove ci sono degli sprechi o delle elargizioni eccessive». Posizione condivisa anche dagli altri partecipanti al dibattito, tra cui il professor Romano Benini, docente di politica del lavoro che, nel corso del suo intervento ha posto l’accento sulla recente sentenza della Corte costituzionale sulla rivalutazione delle pensioni.

«Una pronuncia che non può che essere considerata scellerata», ha sottolineato Benini, «perché per quanto sia giuridicamente ineccepibile, non tiene conto delle difficoltà economiche del paese e soprattutto non tiene conto del fatto che a fronte di soggetti che non hanno avuto quanto dovevano ma, comunque, qualcosa hanno avuto, c’è un’intera generazione che rischia di non avere proprio nulla». Un problema frutto anche del fatto che il sistema contributivo è legato a doppio filo all’esistenza del lavoro. «Per quanto il sistema sia coerente è, allo stesso tempo, succube dell’alto tasso di disoccupazione e della mancanza di un salario minimo di riferimento. Ed è proprio su questi due aspetti che è necessario lavorare se si vuole fare in modo che anche coloro che si affacciano al mondo del lavoro possano avere il diritto di pensare alla pensione».

A puntare il dito contro i diritti acquisiti e sulla necessità di istituire una sorta di contributo di solidarietà quand’anche un vero e proprio prelievo sulle vecchie pensioni sono stati, invece, sia il presidente dell’Associazione nazionale consulenti tributari, Arvedo Marinelli, sia il presidente di Cna professioni, Giorgio Berloffa. Ad avviso di entrambi, infatti, è necessario agire quanto prima per porre un freno ai diritti acquisiti che, data la situazione economica, non hanno più ragion d’essere. Ma mentre per Berloffa «è necessario agire attraverso l’istituzione di un vero e proprio contributo di solidarietà tra chi percepisce le vecchie pensioni e chi stenta a percepire le nuove», per Marinelli, «è necessario proprio rimettere mano a livello normativo affinché i diritti acquisiti non siano più contemplabili». Ecco, quindi, i punti salienti dell’Ancot per la legge Monti-Fornero:

1) prevedere la separazione della gestione separata dell’Inps dei lavoratori autonomi dagli altri soggetti parasubordinati;

2) ridurre l’aliquota base contributiva al 24% simile a quella delle gestioni commercianti e artigiani;

3) prevedere la ricongiunzione gratuita od onerosa al pari degli altri lavoratori;

4) introdurre la prosecuzione volontaria del versamento dei contributi per gli iscritti alla gestione separata;

5) ridurre le sanzioni, gli interessi delle sanzioni e gli interessi per ritardato pagamento;

6) aumentare la rivalsa dal 4 al 6%, come concessa agli iscritti alla casse di previdenza;

7) prevedere la contribuzione ridotta per i giovani per i primi cinque anni dell’esercizio della professione e proporzionale al reddito;

8) inserire il riconoscimento di piene tutele alla pari di quelle delle altre gestioni Inps con particolare riferimento ai fattori legati al rendimento.