Vegas ha messo nel mirino le performance fee sui prodotti di Lussemburgo e Irlanda. Però per gli analisti non ci sarebbero pericoli perché i promotori finanziari non operano in conflitto d’interesse

di Anna Messia

Giornata nera per il risparmio gestito a Piazza Affari: i titoli Mediolanum  ha perso il 7,8%, Azimut  il 7,4%, Banca Generali  l’8,1% molto meno Anima  (1,7%) e FinecoBank  (2,3%). I titoli sono stati colpiti dall’intervento della Consob che lunedì pomeriggio ha messo nel mirino i fondi esteri e quelli esterovestiti, cioè creati oltre confine dalle società italiane. La commissione guidata da Giuseppe Vegas, in una lettera inviata agli intermediari, ha chiesto in particolare alle società di risparmio gestito di anteporre l’interesse dei clienti a quello degli intermediari, nel pieno rispetto della Mifid. Sotto la lente della vigilanza sono finite le commissioni di performance, che vengono trattenute quando il fondo raggiunge determinati risultati, superando il benchmark di riferimento. Ma mentre nei prodotti di diritto italiano il prelievo deve essere calcolato su base annuale, nel caso dei fondi esteri la trattenuta può essere trimestrale o addirittura mensile. Un meccanismo che potrebbe penalizzare i clienti, specie se l’intermediario preferisce collocare i fondi di diritto estero rispetto a quelli italiani solo perché sui primi può incassare commissioni più ricche e frequenti. Cosi ieri gli analisti hanno iniziato a fare qualche calcolo. Citigroup, in particolare, ha rilevato che tra le società di risparmio gestito FinecoBank  non ha alcuna esposizione alle performance fee, su Banca Generali  pesano per circa il 30% dell’utile netto mentre per Mediolanum  l’esposizione è di circa il 45% e Azimut  del 60-65%. In ogni caso, a detta di Citigroup, le società potrebbero avere la capacità di compensare «parzialmente potenziali esiti normativi avversi».

La reazione dei mercati verso i titoli del settore, in una giornata fiacca in attesa del voto del parlamento greco (Ftse Mib -0,42%), è stata comunque decisamente pesante. Anche se i risvolti della lettera Consob sul mercato sono tutti da verificare. Quella della commissione, in effetti, sembra qualcosa di più di una semplice moral suasion. «La Commissione intende richiamare gli intermediari distributori di fondi caratterizzati da meccanismi commissionali più vantaggiosi per i gestori e per gli stessi distributori a individuare e gestire conflitti di interesse che ne derivano», si legge nella missiva Consob, dove si aggiunge che la commissione «si riserva di verificare, nell’ambito dell’attività di vigilanza, la condotta degli intermediari, per garantire il pieno allineamento a questo richiamo».

Negli anni il fenomeno dei fondi esteri ed esterovestiti è in effetti lievitato. Oggi i fondi di diritto italiano rappresentano appena il 30% del mercato, mentre i prodotti esteri creati da operatori esteri pesano per il 29% e gli esterovestiti per il 41%. Ma il confine tra l’applicazione corretta della Mifid (la direttiva europea degli investimenti) e il legittimo interesse degli operatori a creare fondi in Lussemburgo o in Irlanda, mercati che restano più favorevoli per gli operatori, è molto labile. Ieri, in un report in cui ha rinnovato il giudizio buy (comprare) su Mediolanum , Bank of America Merrill Lynch dice, per esempio, di non ritenere che le performance fee siano a rischio dopo la lettera Consob. Perché la commissione ha acceso un faro, in particolare, sull’allineamento degli interessi tra intermediari e clienti e nel caso di Azimut  e Mediolanum , scrive l’analista della banca americana, «i promotori finanziari non beneficiano delle performance fee, a differenza delle società». Così di fatto non ci sarebbero potenziali conflitti d’interesse del promotore che colloca il fondo. E la stessa cosa varrebbe anche nel caso di Banca Generali . Per di più, aggiunge l’analista, «i clienti sono focalizzati sulle performance nette, che mostrano un track record solido e apprezzano il servizio ricevuto dai promotori finanziari». (riproduzione riservata)