Pur nel difficile scenario, l’industria assicurativa ha conseguito nel 2014 risultati economici positivi, confermando la sua solidità patrimoniale. I premi raccolti, pari a 143 miliardi di euro, sono risultati in forte aumento nei rami vita e in calo nel settore danni. Gli italiani hanno destinato alle polizze vita oltre 110 miliardi, l’ammontare più alto nella storia del nostro settore, con una crescita del 30% rispetto al 2013.

Lo ha detto Aldo Minucci nel corso dell’Assemblea annuale dell’ANIA.

Nei rami danni la raccolta, pari a 33 miliardi, ha registrato un calo del 2,7% in conseguenza di una diminuzione dei premi r.c. auto, determinata dalla forte riduzione dei prezzi praticati dalle compagnie.

Al netto della tassazione, pari a 2,4 miliardi, il risultato complessivo del settore delle assicurazioni evidenzia nel 2014 un utile di 6 miliardi: l’utile del settore vita è stato pari a 3,5 miliardi nel 2013). La redditività del capitale, pari al 10%, è così tornata sui livelli medi europei.

In particolare, nello scorso anno il risultato dell’attività ordinaria, danni e vita, dopo aver sfiorato i 7 miliardi nel 2013, è salito a 7,4 miliardi; il risultato dell’attività straordinaria è stato positivo per 1 miliardo (era 1,3 mld nel 2013). 

Sommando il risultato dell’attività ordinaria e quello dell’attività straordinaria si ottiene il risultato prima delle imposte, che è stato pari a 8,4 miliardi. 

Inoltre, continua l’Ania, le imprese di assicurazione disponevano a fine 2014 di un margine di solvibilità pari a 46,7 miliardi, il 3,5% in più rispetto allo scorso anno. Complessivamente tale margine supera di quasi il 90% il minimo richiesto. 

Per i rami vita, il margine posseduto (29,7 miliardi) era pari a 1,60 volte il minimo richiesto dalla legge (18,6 miliardi); tale rapporto era nel 2013 pari a 1,73. Nei rami danni il rapporto tra il margine di solvibilità posseduto (16,9 miliardi) e quello minimo da costituire (6,2 miliardi) era pari nel 2014 a 2,74 (2,59 nel 2013).

“Questi risultati positivi non devono, tuttavia, indurre a sottovalutare alcune problematiche destinate ad avere, in prospettiva, un impatto rilevante. Mi riferisco, innanzitutto, al basso livello dei tassi di interesse, che, comprimendo i risultati della gestione finanziaria, rende più difficile, nel comparto vita, garantire rendimenti significativi agli assicurati e un’adeguata remunerazione del capitale e delle reti distributive”, ha detto Minucci, ricordanto che la minore redditività finanziaria avrà effetto, poi, anche sui rami danni, evidenziando, ancor più che in passato, l’importanza di perseguire l’equilibrio tecnico con un’attenta selezione dei rischi assunti.

“È evidente, dunque, che le imprese, di fronte a questo scenario, dovranno modificare il loro modello gestionale individuando forme di investimento più redditizie, attuando rigorose politiche di underwriting e più incisivi controlli di tutte le componenti di costo. Un diffuso impiego delle nuove tecnologie rappresenterà un fattore fondamentale di successo”, ha concluso.

Riguardo alla nuova normativa prudenziale, Minucci  ha ricordato che “Mancano pochi mesi all’entrata in vigore di Solvency II, il nuovo regime europeo di vigilanza prudenziale”, dal 1° gennaio 2016 pertanto “occorre tenere in debito conto la necessità di graduare gli adempimenti e i relativi costi” altrimenti sulle compagnie assicurative potrebbero gravare “oneri inutili e insostenibili”. 

È questa la critica avanzata da Minucci, che lamenta “il pericolo che siano introdotti ingiustificati inasprimenti delle regole”. “I coefficienti patrimoniali per la varie tipologie di rischio riflettono un equilibrio faticosamente raggiunto, che non puo’ essere rimesso in discussione a pochi mesi dall’entrata in vigore del nuovo sistema. Nel caso specifico – ha concluso – la modifica produrrebbe un indebito aggravamento dei requisiti a fronte dell’investimento in Titoli di Stato”. 

Minucci ha anche ricordato la grande importanza del settore come investitore.

“Alla fine del 2014 gli investimenti complessivi delle nostre imprese erano pari a 630 miliardi di euro, il 12% in più rispetto all’anno precedente”. 

Minucci ha spiegato che “quasi la metà degli investimenti delle compagnie è rappresentata da Titoli di Stato italiani, che hanno sempre garantito rendimenti soddisfacenti e che oggi consentono di registrare significative plusvalenze potenziali”. “A questi fini, è positivo che la normativa abbia progressivamente ampliato la gamma delle opportunità di investimento per la nostra industria, prevedendo la facoltà di erogare finanziamenti diretti alle imprese, oltre che di investire in minibond, titoli cartolarizzati e operazioni di private placement”. 

Secondo un’indagine campionaria, le compagnie assicurative hanno destinato “12 mld a società italiane utilizzando queste nuove forme di investimento. Si tratta di un valore ancora piccolo se rapportato al totale del portafoglio titoli del settore, ma sicuramente significativo in un momento in cui è forte la domanda, da parte delle imprese, di alternativi al credito bancario”, ha sottolineato Minucci.