Walter Galbiati

Milano C on i clienti e uno Stato che pagano in ritardo, banche restie a concedere prestiti bancari, rimane sempre di moda il factoring. Non che sia un’attività in mano a soggetti diversi rispetto agli istituti di credito, ma è pur sempre una forma di finanziamento alternativa che permette alle imprese di sbrogliare alcune esigenze di cassa in tempi di ristrettezze. Stando alle ultime rilevazioni, il volume d’affari del factoring in Italia, che su base annuale vale circa l’11% del Prodotto interno lordo, nel primo quadrimestre (gennaioaprile 2014) è risultato pari a circa 53 miliardi di euro, in crescita del 4,41% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Il mercato italiano rappresenta l’8% del mercato mondiale e il 13% di quello europeo. L’Italia costituisce il primo mercato europeo per il volume di operazioni di factoring internazionale (il terzo al mondo dopo Cina e Taiwan). Nel secondo trimestre del 2014 gli esperti si aspettano un’ulteriore crescita del turnover pari al +2,23%. L’attesa media di crescita è positiva anche per l’intero anno: sulla base delle previsioni elaborate in gennaio, gli operatori del settore associati ad Assifact si aspettano un 2014 in crescita rispetto alla chiusura del 2013, prevedendo per il mercato un incremento medio di turnover e outstanding rispettivamente pari all’1,84% e allo 0,74%. Nel 2013, invece, l’attività di factoring aveva registrato un calo in termini di turnover pari al 2,13% rispetto all’anno precedente,

una performance negativa dopo una serie di anni di crescita positiva (+4.30% nel 2012, +22% nel 2011). La classifica italiana del comparto vede al primo posto in termini di quote di mercato Mediofactoring col 32,5%, seguita da Unicredit Factoring(16,7%) e da Ifitalia (14,6%). Insieme i tre big, che fanno capo rispettivamente a Intesa Sanpaolo, Unicredit e alla francese Bnp Paribas che ha rilevato l’italiana Bnl, hanno in mano più della metà del settore. A distanza completano la top ten Factorit (5,5%), Ubi Factor (4,4%), Mps L&F (3,4%), Banca Ifis (3,3%), Ge Capital (2,69%), Fidis (2,2%) ed Emil-Ro Factor (1,97%). I numeri confermano come, nonostante la congiuntura economica negativa, vi sia stato comunque l’impegno degli operatori del settore ad affiancare le imprese sia in termini di sostegno alla liquidità che sotto il profilo della gestione dei crediti. Il factoring ha un ruolo importante nel sostenere le imprese durante i periodi di crisi, tanto che ha mantenuto negli anni passati costanti livelli di crescita nelle erogazioni, in controtendenza rispetto ad altri strumenti finanziari, e ha dato un contributo significativo alla riduzione degli squilibri delle imprese. Si pensi, ad esempio, alle difficoltà create dai ritardi di pagamento della pubblica amministrazione. Il factoring si è dimostrato uno strumento particolarmente efficace per sostenere le imprese in un contesto di difficoltà e potrebbe esserlo altrettanto per rilanciare lo sviluppo dell’economia. Con il contratto di factoring, l’azienda cliente cede ad una società specializzata, il cosiddetto factor, i propri crediti esistenti o futuri compresi quelli di natura fiscale: nella maggior parte dei casi, in ogni modo, si tratta di crediti di natura commerciale. Generalmente il factor fornisce una serie di servizi connessi, per esempio l’amministrazione, la riscossione o il recupero del credito stesso, ed eroga un’anticipazione finanziaria rispetto alla sua naturale scadenza. In questo modo il factoring diventa un importante strumento di autofinanziamento del mondo produttivo, e permette di trasformare in variabili i costi fissi connessi alla gestione dei crediti. La cessione può avvenire in due forme: pro soluto, in cui il rischio d’insolvenza del debitore è trasferito alla società di factoring, o pro solvendo (cioè salvo buon fine), in cui il soggetto che cede il credito rimane coinvolto in caso di mancato incasso da parte del factor. I tassi d’interesse praticati dalle società di factoring alla clientela sono in linea o addirittura più bassi rispetto a quelli degli altri strumenti finanziari. Secondo le rilevazioni del Ministero delle finanze, nel terzo trimestre dell’anno passato i tassi oscillavano tra il 4,54% per anticipi superiori ai 50mila euro e l’11,4% per aperture di credito in conto corrente per importi inferiori ai 5mila euro. Qui sopra Rony Hamaui presidente Assifact