di Andrea Pira

Con un occhio all’agenda politica in Italia, per seguire il percorso delle riforme istituzionali che ieri ha visto l’avvio della discussione al Senato con l’intervento del ministro Maria Elena Boschi, il premier Matteo Renzi ha terminato ieri il suo tour africano. Il capo del governo ha toccato tre Paesi in tre giorni – Mozambico, Repubblica del Congo e Angola – accompagnato tra gli altri dall’ad di Eni, Claudio Descalzi, dal numero uno di Finmeccanica, Mauro Moretti, e dall’ad di Sace, Alessandro Castellano.
Al centro della visita, la prima di un premier italiano nel continente dal 2006, il presidente del Consiglio ha posto energia, agroalimentare ed export. Ossia le basi su cui, nella sua visione, l’economia del Paese si svilupperà nei prossimi dieci anni. Solo lavorando sull’export, ha previsto il primo ministro, nei mille giorni dal 1° settembre 2014 al 28 maggio 2017 che il governo si è dato per portare avanti il programma di riforme potrebbe arrivare un punto percentuale di pil. Tappa finale del viaggio nell’Africa sub-sahariana è stato l’Angola.

Da Luanda, dove ha incontrato il presidente José Eduardo Dos Santos, Renzi ha parlato della necessità di un «salto di qualità» nei rapporti economici con l’ex colonia portoghese. Questi propositi si accompagnano alle due operazioni annunciate da Sace. La prima è una linea di credito da 500 milioni di dollari riservata a Sonangol, la società petrolifera angolana, per l’acquisto di merci o servizi da aziende italiane del settore idrocarburi. Il secondo è invece un finanziamento da 164 milioni di euro concesso con Bnp Paribas al ministero delle Finanze angolano per completare la costruzione dell’ultimo tratto dell’autostrada Luanda-Soyo. Si tratta di 44,8 chilometri di strada a due carreggiate per senso di marcia, i cui lavori sono stati affidati alla Cmc Ravenna, che completano il collegamento della capitale alla città nel Nord, regione chiave per l’attività estrattiva. Un aumento degli investimenti italiani è stata anche la richiesta di Dos Santos.

Quello angolano è d’altronde per Sace un mercato nel quale, nei prossimi quattro anni, l’export italiano dovrebbe crescere a un tasso medio annuo dell’+8%, con punte dell’8,5% per la meccanica strumentale e del 9% per gli apparecchi elettrici (+9%), mentre l’agroalimentare fa prevedere un 12,1%. Come sottolineato dal capo di Stato angolano e dallo stesso Renzi, il perno dei rapporti tra Roma e Luanda è però il Cane a sei zampe. «Siamo interessati a un rafforzamento della cooperazione tra Eni e Sonangol», ha spiegato Dos Santos, «vogliamo che Eniassuma una ruolo da protagonista in questo processo».

La tre giorni renziana in Africa è stata contraddistinta, per il gruppo guidato da Descalzi, dalla sigla a Brazaville di un accordo di cooperazione con il Congo, dove nel 2013 la società ha prodotto circa 120 mila barili di olio equivalente al giorno, che prevede l’impegno a «perseguire nuove iniziative nel bacino costiero congolese». Ma resta il Mozambico il vero Eldorado energetico per il gruppo italiano. Si parla di 2.400 miliardi di metri cubi di gas che permetterebbero di soddisfare il fabbisogno energetico degli italiani per trent’anni. Durante la tappa a Maputo, il premier ha parlato di investimenti dell’Eni per 50 miliardi. L’entità dell’operazione è stata chiarita più nel dettaglio da Descalzi. La cifra di 50 miliardi, ha spiegato l’ad del gigante energetico, è riferita al valore cumulato degli investimenti di due consorzi in due aree. Una prima joint venture, capeggiata da Eni, e una del gruppo Anadarko. (riproduzione riservata)