Ci sono segnali incoraggianti di ripresa, sia tra le famiglie sia tra le imprese. È questo il messaggio che arriva dal consueto rapporto realizzato da Intesa sanpaolo e Centro di ricerca Luigi Einaudi, presentato ieri a Torino.

«Abbiamo constatato una concreta conferma del miglioramento di clima, che appare nettamente cambiato: sta crescendo il numero dei risparmiatori e contestualmente sta calando quello di chi non risparmia», ha detto Salvatore Carrubba, presidente del Centro Einaudi, secondo il quale, inoltre, «la crisi ha cambiato radicalmente parametri e paradigmi. Cresce la richiesta di informazione economica».

L’indagine sottolinea come le famiglie italiane stiano progressivamente riprendendo il controllo dei propri budget. Nel 2007, il 62% degli intervistati dichiarava di avere un reddito giudicato «sufficiente» o «più che sufficiente», percentuale calata al 56% nel 2013 e risalita ora al 58%.

«Un’importante inversione del trend», ha sottolineato il capo economista di Intesa Sanpaolo, Gregorio De Felice. Analogamente, con riferimento al reddito atteso al momento della pensione, il 47,8% del campione prevedeva nel 2007 (l’ultimo anno prima della crisi) di poter disporre di entrate «sufficienti» o «più che sufficienti»; nel 2013, tale percentuale si era ridotta al 37,3% per poi tornare all’attuale 42,1%.

Una sorpresa arriva infine dall’analisi delle forme d’investimento preferite, con il tradizionale bene rifugio della casa che perde smalto. Nel 2014, la percentuale di risparmiatori acquirenti di una nuova casa ha toccato il minimo (7,6%): il 5,4% degli intervistati dichiara di aver acquistato negli ultimi dodici mesi un’abitazione per viverci (5,5% in 2013).

Anche dalle imprese emergono sorprese, che danno sempre meno spazio a reddito fisso e titoli azionari. Gli immobili vengono giudicati attraenti dal 29% degli intervistati, gli investimenti operativi all’estero dal 21% e il private equity estero dal 19%.

I metalli preziosi attraggono il 15% delle preferenze, così come le start-up che, a sorpresa, distanziano il reddito fisso (13%), il private equity italiano (10%) e gli investimenti a piazza Affari o sulle borse estere (9%).

© Riproduzione riservata