di Beatrice Migliorini  

 

Autoriciclaggio da riformulare. L’obiettivo, infatti, deve essere quello di meglio definire la condotta in modo da evitare che lo stesso soggetto rischi di essere perseguito due volte. Evitare, poi, che l’estensione della collaborazione volontaria anche ai capitali sommersi detenuti in Italia si trasformi, alla lunga, in un condono fiscale sostanziale.

 

Questa la posizione espressa ieri dal procuratore nazionale antimafia, Franco Roberti e dal professore ordinario di diritto penale presso l’Università di Macerata, Carlo Piergallini, nel corso dell’audizioni che si sono svolte in Commissione giustizia alla Camera, nell’ambito dell’indagine conoscititiva sull’efficacia del sistema giudiziario in relazione all’esame del ddl sul rientro dei capitali la proposta di legge C. 2247 Causi, recante disposizioni in materia di emersione e rientro di capitali detenuti all’estero, nonché per il potenziamento della lotta all’evasione fiscale a cui ha preso parte anche Marco Causi, membro della commissione finanze della Camera e firmatario dell’emendamento che ha introdotto il reato di autoriciclaggio all’interno del ddl sul rientro dei capitali. Continua, quindi, il tortuoso percorso della voluntary disclosure a seguito dell’introduzione del reato di autoricialggio. E questa volta i dubbi sorgono relativamente alla formulazione della disposizione. «Nel corso dell’incontro», ha spiegato a ItaliaOggi il presidente della commissione giustizia della Camera, Donatella Ferranti, «è emersa una sostanziale comunione di vedute tra il procuratore Roberti e il professor Piergallini. Pur accettando la collocazione del reato all’interno del ddl sul rientro dei capitali è necessario che la norma venga formulata al meglio da un punto di vista tecnico in modo da evitare che lo stesso soggetto venga eprseguito due volte. La condotta di autoriciclaggio», ha concluso la Ferranti, «deve configuarrsi come una condotta ulteriore». A destare perplessità, però, non è solo l’autoriciclaggio. «L’emersione e il rientro dei capitali frutto di evasione fiscale detenuti all’estero non può escludere la possibilità di indagini su altri reati» ha sottolineato Roberti, «e non va trasformata in un condono fiscale sostanziale estendendo la collaborazione volontaria anche ai capitali sommersi detenuti in Italia. Dal punto di vista delle procedure, poi, va confermato, che l’applicazione delle norme sulla collaborazione volontaria non vale di per sé a qualificare come leciti i capitali emersi», ha spiegato Roberti, aggiungendo che in questo ambito devono «restare immutati i presidi di autoriclaggio a carico di banche e finanziarie e l’obbligo di segnalazione alle autorità di vigilanza monetaria. È necessario, inoltre, vigilare sull’estensione della collaborazione volontaria ai beni nascosti al fisco ma detenuti in Italia, perché, per come stanno le cose, in questo modo rischia di prendere l’aspetto di un condono fiscale sostanziale che può essere un possibile incentivo per il futuro a evadere il fisco, nascondendo i profitti non solo all’estero ma anche in Italia».