di Adelaide Caravaglios  

Cancellazione dalla Cassa nazionale di previdenza e assistenza forense: è necessaria una specifica manifestazione di volontà per la restituzione dei contributi versati, ancorché non sufficienti a ottenere il trattamento pensionistico. È quanto si legge nella sentenza n. 16096/2013, nella quale i giudici della Sezione Lavoro della Corte di cassazione, intervenendo sul ricorso dell’ente previdenziale avverso la sentenza di appello, hanno statuito che «alla intervenuta cancellazione a domanda non consegue automaticamente il diritto alla restituzione dei contributi versati ma non sufficienti ad ottenere il trattamento pensionistico, in presenza delle previste condizioni, e che occorre una specifica manifestazione di volontà in tal senso». In particolare il Supremo consesso, nel definire «corretto» il decisum della sentenza impugnata, ha rilevato come nel caso di specie tale manifestazione di volontà fosse chiaramente ravvisabile nell’opposizione alla cartella esattoriale, «incompatibile con l’intenzione di avvalersi dei benefici connessi alla previdenza forense e di voler corrispondere e stabilizzare i contributi richiesti», opposizione che l’avvocato aveva proposto contro tale cartella dal momento che gli era stato intimato il pagamento di circa 15 milioni delle vecchie lire a titolo di contributi previdenziali relativi ad un triennio. Richiamandosi all’art. 21 della legge 20 settembre 1980, n. 576 (Riforma del sistema previdenziale forense), applicabile ratione temporis (il quale prevede l’erogazione di una pensione su base contributiva), ha, quindi, chiarito che «l’istituto della restituzione dei contributi costituisce un sospetto peculiare della previdenza dei liberi professionisti, che non trova corrispondenza nel regime dell’assicurazione generale obbligatoria, nel quale, di regola, vige l’opposto principio dell’acquisizione, alla gestione previdenziale di appartenenza, dei contributi debitamente versati, nonostante che gli stessi non siano utili per l’insorgenza di alcun trattamento pensionistico». Così argomentando ha cassato solo in parte la sentenza impugnata rinviando il giudizio alla Corte d’appello competente anche per le relative spese.