di Francesco Ninfole

Le autorità di controllo italiane scendono in campo contro l’affidamento eccessivo ai rating da parte di fondi e assicurazioni. La crisi ha mostrato che un downgrade può far scattare vendite di massa per il semplice adeguamento di molte società d’investimento alle valutazioni delle agenzie.

Il meccanismo dei rating si è spesso rivelato prociclico, soprattutto in corrispondenza dei tagli al livello junk (a cui anche i titoli di Stato italiani si stanno avvicinando, dopo l’ultimo downgrade di S&P). Perciò Banca d’Italia, Consob, Ivass e Covip hanno diffuso ieri una nota congiunta, nella quale chiedono a fondi e assicurazioni di «adottare adeguati processi interni di valutazione del merito di credito, che consentano loro di non affidarsi in modo esclusivo o meccanico ai giudizi delle agenzie». Con riferimento ai gestori collettivi e ai fondi pensione, «tali doveri andranno inquadrati nei limiti del mandato gestorio o delle ulteriori clausole che riguardano i rapporti con la clientela». Le autorità verificheranno il rispetto degli obblighi e «controlleranno l’adeguatezza dei processi interni di valutazione del merito di credito e del sistema di gestione dei rischi».

L’iniziativa delle Authority segue le novità introdotte dall’ultimo regolamento Ue sulle agenzie, che ha tra gli obiettivi proprio quello di ridurre la dipendenza dai rating.

 

Ma probabilmente ha pesato anche il downgrade di S&P, che ha portato il rating sull’Italia a due gradini dal livello spazzatura e ha messo il Paese in una situazione di rischio potenziale (come hanno rilevato anche le ispezioni del Fmi). Proprio l’ultimo taglio ha scatenato le proteste del ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni, che ha giudicato il downgrade «una decisione basata su un’estrapolazione meccanica di dati e situazioni del passato», capace di «effetti prociclici e destabilizzanti». Anche Ignazio Visco ha criticato la decisione di S&P: secondo il governatore l’instabilità politica ha portato a «una revisione del rating che può essere giudicata non coerente con i fondamentali economici».

Nonostante i dubbi sulla qualità dei giudizi delle agenzie, il loro valore è ancora rilevante a causa dei regolamenti delle società finanziarie, che spesso delegano totalmente alle agenzie le valutazioni sul rischio degli investimenti. Anche la normativa finanziaria (a cominciare da Basilea 2) ha dato valore ufficiale a giudizi che sono soltanto opinioni di gruppi privati. Persino la Bce utilizza i giudizi delle agenzie per valutare i collaterali nei rifinanziamenti, anche se Mario Draghi, sin dai tempi del Financial Stability Board, è stato uno dei primi ad evidenziare i rischi legati alla dipendenza dai rating. Ora la mina dei downgrade potrebbe essere disinnescata. Prima però gli operatori dovranno abituarsi a fare a meno dei rating: come ha precisato la Consob, i gestori dovranno fare «una propria valutazione di tutti i diversi rischi connessi all’investimento, incluso il rischio di credito e i rischi di liquidità e di mercato». (riproduzione riservata)