di Sergio Luciano

«Bisogna che tutto cambi perché tutto resti tale e quale»: il motto-anatema del Gattopardo si riafferma periodicamente, in Italia, su tutti i settori della vita pubblica regolata. Ennesimo esempio è la Rc auto. Si è ripetuto nei giorni scorsi il vecchio e noioso balletto delle cifre sugli aumenti tariffari: per l’Autorità (com’è stato ribattezzata l’Isvap dopo essere stato assorbita, per manifesta inadeguatezza, dalla Banca d’Italia) i prezzi sono troppo cari, sopra la media Ue; per gli assicuratori sono scesi del 6% in un anno, e il vero problema – semmai – è che con la crisi economica sarebbero saliti a 3 milioni i veicoli non assicurati in circolazione.

La verità è che in Italia (ma soprattutto al Sud, con il record mondiale della Campania) le compagnie vengono crivellate dalle truffe.

Queste ultime non impugnano più le false denunce, se non nei casi di pretese smodate da parte dei truffatori, perché trascinare in giudizio un cliente furbastro, che s’accontenta di mille euro non meritati per firmare, significa spenderne di più per avvocati e bolli vari. Inoltre, il valore del danno biologico è avulso da qualsiasi criterio oggettivo e, peggio ancora, rimesso a tabelle preparate da ciascun tribunale e applicate, dai vari distretti giudiziari, con discrasie e sproporzioni clamorose.

Questa incompatibilità tra le cifre delle compagnie di assicurazione e dell’Autorità di controllo basterebbe da sé a definire come poco serio l’intero settore. Un po’ come le diatribe sui manifestanti di piazza San Giovanni (che sono sempre oltre 1 milione per chi organizza e 100 mila per la Questura) o come gli applausi ai comizi dei leader che, nei resoconti addomesticati, sono sempre scroscianti anche quando batte le mani soltanto il servizio d’ordine.

In realtà la malapianta della truffa alligna perché contamina tutta la filiera del business: i clienti disonesti e i loro avvocati, certo, ma in tanti casi, purtroppo anche i riparatori, i periti, i liquidatori. La gestione delle compagnie, tradizionalmente pessima in Italia, aggrava il quadro. Ed ecco che alla fine l’unica leva di sopravvivenza per i nostri assicuratori è tenere alte tutte le tariffe. A nostre spese.

 

Eppure la bacchetta magica c’è e si chiama scatola nera: quell’aggeggio che registra tutto ciò che capita all’auto: accelerazioni, frenate, sbandate, urti, tamponamenti. Con la scatola non si può più simulare niente. Una disfatta per i truffatori. E cosa fa l’Ivass? Dice: «Alt, va tutelata la privacy». Detto ai tempi della scia elettronica, di Google e dei social network che sanno tutto di noi, è veramente incredibile. (riproduzione riservata)