Senz’altro bello il gesto dei vertici di Mediobanca che hanno annunciato di voler chiudere con la strategia dei patti di sindacato, residuo antimercantile di una stagione capitalistica semifeudale. Ma, in un sistema di potere economico che è scarso di capitali e perciò ha orrore del vuoto, la svolta potrebbe anche non dare i risultati sperati dai tanti che l’hanno salutata con entusiasmo. I recenti casi Pirelli e Rcs inducono a temere, per esempio, che la ritirata di Mediobanca possa essere disinvoltamente rimpiazzata da qualche altro soggetto bancario all’interno di un disegno concordato, come al solito, sotto banco. Cosicché il “beau geste” di Alberto Nagel, magari senza volerlo, finisce col far emergere una contraddizione piuttosto sconcertante. Bene che Mediobanca esca dai patti che ingessano i gruppi di comando di tante e importanti società, ma che dire e soprattutto che fare del patto di sindacato su cui poggia il controllo della Mediobanca medesima? L’interrogativo è tanto più rilevante perché nel blocco azionario del 42 per cento su cui si fonda il potere degli attuali vertici dell’istituto vi sono anche alcune società rette da incroci azionari cui Mediobanca non è estranea. Insomma, quella annunciata da Nagel è una svolta a 180 o a 360 gradi? Nel paese del Gattopardo una maggiore chiarezza sarebbe indispensabile.