di Francesco Ninfole

Sono passati ormai sei anni dalla crisi dei subprime. Il sistema finanziario può dirsi più protetto? Per la Bce «le condizioni di stabilità finanziaria sono ancora fragili nell’area euro». Per il Fmi «molto è stato fatto ma rimangono vulnerabilità».

Secondo il Financial stability board (Fsb), «alcune parti del sistema rimangono in uno stato di incompleto aggiustamento». Per le autorità di vigilanza Ue (Esma, Eba, Eiopa), «il sistema finanziario europeo continua ad affrontare una serie di rischi che intimorisce e che necessita di una risposta da parte della politica». Insomma, nonostante gli sforzi fatti, i mercati oggi non sono oggi molto più sicuri rispetto ai tempi di Lehman Brothers. La regolamentazione è avanzata lentamente, per il timore di effetti prociclici, ma anche per le divisioni tra Stati e per la pressione delle lobby. E anche dove si è arrivati al termine del percorso legislativo, come nel caso di Basilea 3 (il testo è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale a fine giugno), restano rilevanti rischi di applicazione a livello nazionale.

 Il problema fondamentale dell’Europa, è bene chiarirlo, è l’economia reale, la mancanza di competitività degli Stati, le spese eccessive, le riforme mancate.

Ma proprio perché lo scenario economico è difficile, la finanza è particolarmente esposta a nuove crisi. Anche alcune cure necessarie, come i tassi bassi, espongono a potenziali bolle e a controindicazioni. I temi su cui si deve ancora progredire sono numerosi: il rafforzamento delle banche, il rischio derivati, la diffusione di prodotti complessi, lo shadow banking, la gestione dei collaterali, l’affidabilità di indici come il Libor. Per l’Europa la priorità è l’Unione bancaria: il cammino è iniziato sulla vigilanza comune affidata alla Bce e sul meccanismo di gestione dei fallimenti, mentre bisogna ancora discutere delle garanzie comuni sui depositi. Nel frattempo è stata limitata fino a 60 miliardi la capacità del fondo Esm di ricapitalizzare direttamente le banche, una proposta necessaria per spezzare il circolo vizioso tra problemi degli istituti e quelli delle banche. «Le istituzioni finanziarie, in particolare le banche, rimangono vulnerabili a un improvviso cambiamento dell’umore dei mercati», ha osservato un report sulle vulnerabilità del sistema finanziario, scritto da un comitato congiunto tra Esma, Eba ed Eiopa. Il rapporto ha individuato come rischi principali la valutazione dei bilanci e la trasparenza delle società finanziarie, la frammentazione del mercato unico europeo, i bassi tassi di interesse, la crescente dipendenza dai collaterali e l’affidabilità degli indici benchmark. Un quadro simile è stato descritto dalla Bce, che ha invece indicato quattro grandi rischi per il sistema finanziario: un ulteriore declino della redditività delle banche, legato alle perdite sul credito e un’economia debole; rinnovate tensioni sul debito sovrano, per la bassa crescita e la lentezza delle riforme; il funding delle banche nei Paesi in difficoltà; la ridefinizione dei premi al rischio nei mercati globali, dopo un prolungato periodo di flussi verso porti sicuri e la ricerca di rendimenti più alti. Quest’ultimo fenomeno in particolare, dettato anche dall’enorme quantità di liquidità sui mercati, ha favorito, oltre alla ripresa di levereged loan e titoli ad alto rendimento, anche il riemergere di prodotti rischiosi molto diffuse prima della crisi, come i clo (collateralized loan obligation) e i titoli cmbs. Per il momento questa crescita è stata registrata soprattutto tra gli investitori professionali, ma anche il retail non è al riparo, nonostante la revisione in corso della Mifid.

 

Quanto ai derivati otc, le regole variano molto a seconda delle aree geografiche (in Europa c’è il regolamento Emir), ma è ancora lontana la concreta realizzazione di un mercato trasparente e meno rischioso, grazie all’utilizzo di garanzie e casse di compensazione (l’obiettivo è arrivarci per il 2014). Proprio la richiesta di maggiori garanzie, che non è legata solo ai derivati, ha spinto i regolatori a mettere sotto la lente la gestione del collaterale. Infine, come ha più volte sottolineato il Fsb, ci sono soggetti al di fuori della regolamentazione, attivi in quello che viene definito «shadow banking»: il valore degli asset degli intermediari finanziari non bancari ha superato nel 2011 i livelli del 2007 (67 mila miliardi di dollari contro 62 mila). Sono in molti a sospettare che la parziale riduzione dei rischi nei bilanci bancari si sia semplicemente trasferita in altre zone grigie della finanza internazionale. La polvere è per ora nascosta sotto il tappeto delle politiche monetarie. L’enorme quantità di nuove regole ha prodotto benefici per la stabilità, ma il sistema finanziario resta complessivamente ancora fragile ed esposto a rischi simili a quelli dell’estate 2007. (riproduzione riservata)