di Ilaria Accardi 

Le province della Sicilia non possono aumentare l’imposta sulle assicurazioni Rc auto ma devono applicare l’aliquota fissa del 12,50%. Questa precisazione è contenuta nella sezione «Fiscalità Locale» del sito del Mef nella parte dedicata all’«Imposta Rc auto» dove viene specificato che detto effetto è prodotto dalla sentenza della Corte costituzionale 23 maggio 2013, n. 97, pubblicata sulla G.U. n. 22 del 29 maggio 2013. La Consulta, infatti, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 4, comma 2, del dl n. 16 del 2012, convertito dalla legge n. 44 del 2012 che ha esteso a tutto il territorio nazionale l’applicazione delle norme sull’imposta sulle assicurazioni Rc auto e l’ha trasformata in un tributo proprio provinciale, nella parte in cui si applica alla regione siciliana. Viene pertanto a crearsi ancora una volta una «specialità» addirittura tra le province delle regioni ad autonomia speciale, dal momento che le province delle altre regioni possono continuare tranquillamente a manovrare l’aliquota, in aumento o in diminuzione, di 3,5 punti percentuali. Mentre le province siciliane dovranno fare un retrofront visto che, come risulta dai dati rilevabili sul sito del Mef, quasi tutte avevano aumentato portato l’aliquota al 16%, e cioè al massimo livello. La Corte costituzionale ha affrontato il problema della portata del comma 2 dell’art. 4, del dl 2 marzo 2012, n. 16, che, proprio allo scopo di sistemare alcune incongruenze derivanti dall’attuazione del decreto sul federalismo fiscale regionale e provinciale, ha previsto l’applicazione su tutto il territorio nazionale, e non solo quindi alle sole province delle regioni a statuto ordinario, delle disposizioni dell’art. 17 del dlgs 6 maggio 2011, n. 68, che ha trasformato in un «tributo proprio derivato delle province» quella che era una semplice devoluzione a detti enti territoriali del gettito dell’imposta sulle assicurazioni.

La Sicilia lamentava il fatto che l’attribuzione diretta alle province del gettito derivante dalla Rc auto era lesiva della propria autonomia finanziaria e la Corte ha ritenuto valide tali contestazioni, evidenziando che l’imposta in esame è un tributo erariale e che rientra pertanto tra le entrate che, ai sensi dell’art. 36 dello statuto siciliano, spettano alla regione se riscosse nell’ambito del suo territorio. Questa natura erariale, secondo la Consulta, non è stata modificata dalla riqualificazione dell’imposta effettuata dal legislatore con l’art. 17 del dlgs n. 68 del 2011, che l’ha definita espressamente come «tributo proprio derivato» delle province, poiché i «tributi propri derivati», che sono istituiti e regolati dalla legge dello stato, ma il cui gettito è destinato a un ente territoriale, conservano inalterata la loro natura di tributi erariali. Da ciò consegue che:

– il legislatore statale non può disporre direttamente l’assegnazione alle province del gettito dei tributi erariali riscossi nel territorio regionale siciliano;

– il gettito dell’imposta in questione spetta alla regione siciliana, la quale provvede con propria normativa e nell’ambito della propria autonomia a dare attuazione alla legislazione statale, eventualmente devolvendo le somme derivanti da tali entrate alle province. Bisogna dire che la regione aveva già disposto con la legge regionale n. 2 del 2002, in attuazione dell’art. 60 del dlgs n. 446 del 1997 che disciplina il tributo, la devoluzione del gettito alle province del proprio territorio; per cui se oggi non può più applicarsi l’art. 4 del dl n. 16 del 2012, il discorso in concreto per la regione poco cambia. Anche le province della regione siciliana potranno essere comunque essere destinatarie del gettito della Rc auto, ma non possono, però, intervenire sul tributo che, a seguito della sentenza n. 97 del 2013, non rientra più nell’ambito della loro gestione.