Il Brasile, paese emergente per eccellenza, ha brillantemente superato la prova della grande crisi del 2009. Quattro anni dopo le proteste sociali hanno tuttavia messo in evidenza il fallimento di questo modello di crescita. La disuguaglianza sociale, anche se in diminuzione, rimane importante. Il famoso «costo Brasile», causato dalle tensioni sul mercato del lavoro e dalle considerevoli lacune nelle infrastrutture, pesa sulle performance delle imprese.
Il modello di crescita brasiliano, che era stato trainato dai consumi, è in panne. II Brasile si trova in una situazione congiunturale paradossale con la crescita più bassa tra i paesi BRIC (meno del 3% nel 2013 contro il 4,8% di media dei paesi emergenti) e un’inflazione persistente.
Questa situazione di quasi-stagnazione, che è una delle cause degli attuali disordini, trova la sua origine più nel «costo brasile», che nella politica monetaria. Molte questioni strutturali stanno diventando problemi a breve termine: le tensioni sul mercato del lavoro, la produttività insoddisfacente, la carenza di manodopera qualificata, la significativa crescita dei costi unitari del lavoro, e le infrastrutture che faticano a svilupparsi.
«Le soluzioni alla stagnazione brasiliana non devono essere ricercate nella politica economica, ma nelle riforme in materia di educazione, sanità, infrastrutture. Ciò è in linea peraltro con le rivendicazioni della classe media indignata, che non è più soddisfatta della mera società dei consumi. Anche se la Presidentessa Dilma Roussef si è detta determinata a dare risposta alla situazione, i risultati non potranno che vedersi a lungo termine», commenta Yves Zlotowski, capo economista di Coface.
Il Brasile rimane attrattivo per le imprese, nonostante le problematiche
Le imprese brasiliane risentono della crescita lenta e dei tassi di interesse elevati. Hanno maggiori difficoltà a saldare i propri debiti e secondo Coface i mancati pagamenti registrano una sensibile crescita. La questione del «costo brasile» incide negativamente su più settori di attività:
· Le pressioni per l’aumento dei salari erodono la competitività dell’industria chimica
· Il costo dell’energia pesa sulla siderurgia
· Il basso livello di istruzione dei piccoli produttori del settore agricolo è un freno al ricorso a nuove tecnologie e all’accesso al credito.
Nonostante queste criticità, il Brasile, valutato da Coface A3, allo stesso livello di Cina e Polonia, resta un mercato promettente. Il tessuto imprenditoriale brasiliano ha due importanti vantaggi: il primo è il forte sostegno delle autorità, che include il protezionismo e l’alleggerimento fiscale in settori strategici, e il secondo è la buona tenuta della domanda della classe media, in particolare in due settori che danno buoni risultati: l’automotive, in cui gli investimenti restano forti, e la distribuzione.
“Nell’ambito dei BRIC, varie imprese italiane mostrano un crescente interesse per il mercato brasiliano” dichiara Ernesto De Martinis, Country Manager Coface in Italia. “Nonostante il rallentamento in corso delle economie emergenti, questi Paesi sono destinati a trainare il commercio internazionale per i prossimi anni. L’assicurazione dei crediti è uno strumento fondamentale per dare supporto alle imprese attive su questi mercati, a maggior ragione oggi che la domanda interna ristagna e le esportazioni restano il solo elemento su cui contare per rilanciare la nostra crescita ”
Il documento completo dedicato alle questioni economiche, sociopolitiche e al focus settoriale, è disponibile su http://www.coface.com/fr/Actualites-Publications/Publications/Economie-bresilienne-la-panne