Adriano Bonafede

Roma Parte in Borsa la giostra del doppio aumento di capitale di Unipol e Fonsai da 2,2 miliardi (1,1 per ciascuna delle due compagnie). Da stamattina hanno comprato un biglietto per una corsa, oltre che le banche del consorzio di garanzia, operatori, banche d’investimento, daily trader e, naturalmente, singoli risparmiatori. Sia quelli che già possiedono azioni Unipol e Fonsai, sia quelli che pensano sia possibile approfittare di quelli che appaiono bassi prezzi (lo sconto sul terp, il valore teorico dell’azione post fusione è del 25%) per entrare in un’operazione industriale che si concluderà con la creazione del primo gruppo italiano nel ramo danni e una raccolta premi complessiva di circa 16 miliardi. Per tutelare i soci, i concambi di fusione già fissati fra le società interessate (oltre Unipol e Fonsai, anche Milano e Premafin) saranno rivisti a settembre alla luce dell’evoluzione del loro andamento economico. Si tratta di un modo per ridurre possibili speculazioni basate sui diversi valori dei titoli e sui movimenti dei diritti. Ma non basteranno per bloccare la giostra. Sappiamo già, dati i precedenti, che questo doppio aumento di capitale molto diluitivo – agli azionisti di Fonsai verrà dato il diritto ad acquistare 252 nuove azioni a 1 euro per ogni vecchia azione posseduta , a quelli di Unipol 20 nuove azioni a 2 euro – creerà movimenti anomali dei titoli e dei relativi diritti e un tourbillon di vendite e acquisti, di arbitraggi e di scommesse. Come in altri casi tristemente noti, da Tiscali a Seat a Pirelli Re, quando l’aumento di capitale diluisce in modo significativo le vecchie azioni, il valore si trasferisce tutto sui diritti d’opzione, mettendo gli azionisti di fronte a uno spiacevole dilemma: o sottoscrivono l’aumento di capitale moltiplicando l’impegno finanziario o rinunciano ai diritti vedendo andare in fumo gran parte del loro investimento. E’ una specie di “lascia o raddoppia”, anzi, peggio, di “lascia o moltiplica”. Chi adesso, come azionista Fonsai, ha in carico 1000 azioni a circa 50 euro l’una, ha in essere un investimento da 50.000 euro. Se costui decidesse di comprare tutti i 252.000 diritti che gli spettano a 1 euro, avrebbe alla fine 252.000 azioni più le vecchie 1.000 che alla fine varranno però molto meno per l’effetto diluitivo che si sarà creato. Nel frattempo, però avrebbe dovuto pagare ben 252.000 euro, moltiplicando per sei il suo investimento iniziale, e sperando – ma solo sperando – che alla fine il mercato valuti la nuova azione diluita almeno quanto l’ha complessivamente pagata! Questo meccanismo è chiaro agli operatori professionali, molto meno ai singoli risparmiatori, che vedranno a un certo punto per motivi tecnici – movimenti anomali del valore delle azioni e dei diritti, mentre questi ultimi tenderanno presto verso lo zero. La maggior parte dei piccoli azionisti sarà tentato di rinunciare a esercitare i diritti tenendo le vecchie azioni (o perché di questi tempi non ha molti soldi da investire o perché crede poco nella nuova impresa post fusione), rischiando una consistente perdita di valore. Insomma, chi scende dalla giostra rischia di farsi molto male, e ciò vale naturalmente soprattutto per i piccoli azionisti, ignari di questi complessi meccanismi. Sarà per questo che qualche tempo fa la Consob aveva chiamato a un tavolo sia Assonime che Abi, cercando di trovare una soluzione a questi aumenti di capitale fortemente diluitivi, comunque permessi dal codice civile. Ma alla fine la resistenza delle due associazioni ha avuto la meglio sulla volontà della Consob. «In queste condizioni – spiegano in ambienti Consob – il piccolo azionista che voglia mantenere l’investimento iniziale in termini di valore ma senza aderire in toto all’aumento di capitale dovrà rivolgersi a un tecnico della sua banca per fare in modo di vendere solo una parte dei suoi diritti a un prezzo che consenta poi l’esercizio dei diritti rimasti. Non è un’operazione che si possa fare da soli». Ma è anche un’operazione che potrebbe rivelarsi impossibile se il valore dei diritti scendesse troppo rapidamente rispetto agli iniziali “teorici” 52 euro. Per gli operatori di Borsa e per i daily trader più esperti, il doppio aumento di capitale sarà l’occasione per una serie di possibili “arbitraggi”, ovvero la vendita di alcune azioni e/o diritti e il riacquisto di altre. Gli hedge fund di solito mettono in atto sofisticati software automatici che permettono di sfruttare tutti i possibili momentanei disallineamenti. In questo caso, però, poiché è proibita la vendita allo scoperto e poiché non ci sono di fatto azioni da ottenere in prestito per fare queste scommesse, questi movimenti dovrebbero essere ridotti. Bisognerà inoltre vedere se la possibilità di modificare a settembre i concambi basterà per evitare che molti operatori si tuffino nell’acquisto di azioni della Milano Assicurazioni. Il rapporto di concambio già annunciato assegna agli azionisti di questa società, che non devono sostenere alcun aumento di capitale, il 10,7% della newco. Il che corrisponde a un valore teorico dell’azione Milano di 0, 39 euro mentre oggi ne vale 0.26. Finché permane un gap così rilevante conviene acquistare questi titoli se si vuole diventare azionisti della newco. Ma anche qui non vi sono certezze. A sinistra, i valori di concambio. Nel prospetto pubblicato giovedì scorso si dice che potranno essere rivisti a settembre, ad aumento concluso