La stucchevole telenovela del matrimonio tra Unipol e Fonsai si trascina ormai da tempo (quasi otto mesi, come ricordava ieri su Affari & Finanza di Repubblica, Massimo Giannini). Lo schema è quello classico dei racconti televisivi seriali di origine sudamericana: colpi di scena, capovolgimenti imprevisti, indizi premonitori, rivelazioni clamorose e risolutive che poi all’ultimo momento non funzionano si susseguono a ciclo continuo. Purtroppo nella battaglia, non manicheista tra bene e male come nelle telenovelas, ma comunque a due tra Unipol (sostenuta dai salotti buoni che ruotano attorno a Mediobanca) e Sator-Palladio (che invece fanno leva sulla famiglia Ligresti), chi rischia di più sono i piccoli azionisti, gli assicurati e i dipendenti di Fonsai e della Milano. Ieri, però, l’ennesimo fuoco d’artificio della vicenda ha fatto cilecca. Unipol ha reso pubblico il parere, rilasciato dalla Gualtieri e Associati a proposito della «opinion» della Vitale e Associati redatta su richiesta di Sator e Palladio e giunta alla conclusione che l’offerta dei due fondi è preferibile rispetto al progetto di integrazione proposto dalla compagnia bolognese. Il risultato, manco a dirlo, è una bocciatura dell’opinion di Vitale, in quanto «fondata su analisi inattendibili, criticabili nel metodo e in alcune ipotesi (…)». Peccato però che l’analisi fosse già stata anticipata sia dal Sole 24Ore sia da Milano Finanza. E il mercato, di conseguenza, si è letteralmente fatto un baffo dell’opinione di Gualtieri, concentrandosi piuttosto sul fatto che Consob non abbia ancora autorizzato la pubblicazione dei prospetti informativi relativi agli aumenti di capitale di Unipol e Fonsai propedeutici alla fusione. Unipol è crollata del 6,71%, mentre Fonsai è finita nello sprofondo (-12,48%). E d’altro canto succede anche con le telenovelas vere e proprie: quando si comincia a mandare in onda repliche anche le telespettatrici più affezionate finiscono col cambiare canale.